HomeAttualitàST Microelettronics, la crisi del wafer al silicio preoccupa la Brianza

ST Microelettronics, la crisi del wafer al silicio preoccupa la Brianza

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È decisamente complicata per non dire Intricata, la situazione alla ST Microelettronics. Sia a livello globale che locale. In particolare, desta non poche preoccupazioni il sito di Agrate Brianza, ben visibile in prossimità del casello autostradale. Un enorme comprensorio industriale, casa di una azienda che si occupa di semiconduttori, di microelettronica, che sta vivendo una crisi profonda, che ha radici lontane ma che ha inevitabilmente ripercussioni sul territorio brianzolo, dove più di 5.000 persone lavorano ogni giorno. E nonostante, almeno a noi, venga spontaneo domandarci come sia possibile che una azienda che produce semiconduttori in silicio, più volgarmente e semplicisticamente chip, possa andare in crisi nell’attuale contesto storico e sociale, la realtà dei fatti è proprio questa: anche la silicon valley (a volte) piange. 

La causa a quanto pare, starebbe nella scarsa diversificazione del business. In passato la scelta dei vertici americani è stata quella di puntare gran parte delle fiches sull’automotive, che in era post covid ha dovuto rivedere al ribasso le proprie previsioni di crescita. Questo ha influito anche sulle forniture, ovviamente, e da qui deriva la crisi di quelle aziende che probabilmente pensavano che il settore non avrebbe conosciuto risacche produttive, dovute a una contrazione della domanda, o quantomeno non nella misura in cui si sono poi verificate. 

Occhiuto, CGIL “Il piano industriale di ST è insostenibile”


È quanto afferma anche il Pietro Occhiuto, segretario generale Fiom CGIL di Monza e Brianza: ”Il piano industriale presentato in aprile è insostenibile, sarebbero circa 1500 gli esuberi solo nel sito di Agrate, una enormità. Chiediamo che venga redatto un nuovo piano e su questo fronte siamo supportati sia dal governo che da Regione Lombardia, dove abbiamo avuto anche un confronto col management di ST. Al momento l’azienda è ferma sulle proprie posizioni. Da parte nostra abbiamo già fatto ricorso allo sciopero e prevediamo una seconda giornata di astensione dal lavoro verso la metà di luglio, al fine di mantenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica e sollecitare un incontro col governo“.

Prosegue Occhiuto “Le scelte industriali sono state profondamente sbagliate, si è puntato quasi esclusivamente sul settore dell’auto, non ci sono stati investimenti: non c’è stata diversificazione, non c’è stata ricerca, non c’è stato sviluppo e oggi ST paga lo scotto di queste scelte. Altre aziende del settore hanno seguito percorsi differenti e non si trovano nella medesima situazione. ST Microelettronics ha li linee di produzione sature, non sta facendo ricorso ad ammortizzatori sociali, la realtà è che sta pensando di spostare la produzione altrove: Singapore, Cina, Francia…” 

ST Microelettronics, la via francigena


Occhiuto parla della Francia non a caso. La ST, infatti, è una società per azioni con partecipazioni del governo italiano e francese che possiedono il 50 percento ciascuna di ST Microelettronic Holding NV, società che a sua volta controlla STM col 27% del capitale azionario. Da un po’ di anni, nonostante la compartecipazione, la Francia ha di fatto messo in minoranza il MEF, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, collocando i propri uomini alla guida delle società.

Fino al 2018 al capo del gruppo vi erano stati prima Pasquale Pistorio poi Carlo Bozotti. Poi, sorprendentemente, nonostante i circa 630 milioni di euro di perdite nel settore da lui precedentemente gestito, Ceo di ST diviene, gradito anche all’allora Governo Gentiloni, il francese Jean Marc Chery, attualmente in carica. Si parla di uno scambio di favori tra i governi dell’epoca : do ut des. Qualcosa però sarebbe andato storto e l’Italia, al contrario dei cugini d’oltralpe, non ha goduto di alcun beneficio politico.

Nonostante il Governo Meloni abbia tentato per ben due volte negli scorsi mesi di nominare l’ex Direttore Generale del MEF, Macello Sala, nel consiglio di sorveglianza di ST, ponendo di fatto un proprio uomo non al timone, ma volto vicino ad esso, la totale ostruzione dei partener francesi, che temevano probabilmente di perdere la guida della società, ha impedito all’Italia di poter governare la situazione dall’interno. 

ST, parla il sindaco Sironi “Agrate deve restare un sito strategico”


E che la quesitone vada molto al di là del territorio di Agrate e delle Brianza, lo sa molto bene anche il sindaco, Simone Sironi: “Da diversi mesi come amministrazione siamo in stretto contatto sia con l’azienda che con i sindacati. Il piano industriale prevede l’uscita da ST di circa 2800 persone a livello globale, di cui la metà circa su Agrate. Benché STM rimarchi con forza che il piano verrà attuato gradualmente, nell’arco di due anni, e che riguarderà principalmente pensionamenti, prepensionamenti e uscite volontarie, non è chiaro come si arriverà a un totale di 1000 e forse più lavoratori. Quello che è molto chiaro invece è che queta situazione riguarda, più che il piccolo territorio di Agrate Brianza, enti sovracomunali come regione e governo, visto che l’azienda è partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze, insieme al governo francese che di fatto detiene anche la guida della società“.

Ancora Sironi “Tutti, amministrazione, governo, regione e sindacati, stiamo remando nella stessa direzione: il no al piano industriale proposto da ST è univoco, l’occupazione deve essere preservata. Quello che manca sono gli investimenti. Non vorrei banalizzare, non mi piace, ma 1000 persone che vanno in pensione sono una cosa, ma se poi non saranno previsti investimenti, di fatto lasciando che il sito di Agrate perda la propria valenza strategica, beh, questo diventa un problema molto più grande. Agrate deve restare un centro produttivo di fondamentale importanza a livello globale. Il settore, è un dato di fatto, ha accusato un calo del fatturato nel post covid, ma stiamo parlando di un ambito in cui bisogna avere visione del futuro, agire anticipando i tempi, non subendoli”. 

ST Microelettronics, il ministro Urso “Nessuno smembramento”


l Ministro delle Imprese e del Made In Italy Adolfo Urso smentisce categoricamente le voci secondo cui potrebbe nascere un cosiddetto spin off, una nuova azienda da una costola di ST, e liquidata come infondate le voci di uno smembramento della società “Non c’è alcun piano per dividere STMicroelectronics. Ho fiducia sulla risoluzione del confronto in corso tra i governi di Italia e Francia, soprattutto sulla governance”.

Conferma, come già sottolineato anche dal sindaco Sironi, la stretta collaborazione con l’amministrazione di Agrate. Auspica poi che gli investimenti e il piano di salvaguardia occupazionale sulla ST di Catania, possano essere l’avanguardia di una soluzione da modellare sulle esigenze e sulle prerogative del sito Agrate Brianza “Il governo ha già tutelato il progetto di Catania e ora sta spingendo affinché ST presenti un piano industriale chiaro e definito per l’Italia entro la pausa estiva, che comprenda anche Agrate, garantendo investimenti e competitività”. 

Investimenti e un nuovo impianto alla ST Microelettronics di Catania


Già, Catania. In questa vicenda ingarbugliata, fino ad ora non avevamo fatto cenno alla ST Microelettronics di Catania, dove lavorano altre 5.000 e più persone. E a leggere le notizie che provengono dalla Sicilia, non sembra di avere a che fare con un diverso dipartimento della medesima azienda, ma piuttosto con una società completamente diversa. Perché come riferito dallo stesso ministro D’Urso, per quanto riguarda il sito catanese le soluzioni sono già state trovate. Previsto infatti un investimento di ben 5 miliardi di euro per la costruzione di un nuovo impianto, e a settembre partirà un corso di specializzazione promosso da ITS Steve Jobs di Catania, con la collaborazione di Confindustria Catania e ST Microelettronics.

Verrebbe da pensare a uno scherzo se in ballo non ci fosse il destino di migliaia di lavoratori. Ma come: Agrate mille e più esuberi e a Catania investimenti e corsi professionali? Intendiamoci, non stiamo facendo alcuna allusione o rivendicazione: siamo felici per i lavoratori di Catania che potranno continuare a lavorare e a portare a casa lo stipendio. Non si capisce però perché, secondo i vertici di ST, dovrebbe essere Agrate Brianza a fare penitenza, proponendo per quel territorio un piano industriale irricevibile e senza mostrare, almeno pubblicamente, alcuna volontà di rivederlo, al momento. 

La class action degli investitori americani


Vertici di ST che a quanto pare hanno molte altre gatte da pelare. Tra queste anche una class action avanzata da parte di Faith Close, Hassan Ibrahim, Aya Zalat e Ferdinando Garbuglio in rappresentanza degli investitori americani di Stmicroelectronics che accusano il Ceo Chery di false comunicazioni e insider trading.

Chery e il suo direttore finanziario Lorenzo Grandi sarebbero responsabili, secondo l’accusa, di aver diffuso previsioni di crescita fuorvianti per l’anno 2024, nascondendo il peggioramento dei risultati dell’azienda. La strategia è stata quella di risultati a breve termine, al fine di nascondere le perdite.

Come? Secondo CW1, testimone per i promotori dell’azione legale di gruppo, venivano praticati “Sconti eccessivi per dare l’impressione ingannevole di risultati finanziari migliori nel 2023. Tuttavia, se da un lato il fatto di anticipare le vendite con questi sconti ha permesso a STM di dichiarare il raggiungimento degli obiettivi trimestrali a breve termine, dall’altro ha creato un eccesso di scorte presso i distributori e gli utenti finali che ha ostacolato la domanda in futuro”.  CW1, secondo indiscrezioni, si dice possa Marco Monti, manager di ST fino al gennaio 2024. 

In gioco la dignità di un territorio e la credibilità del Paese


La vicenda di STMicroelectronics e del sito di Agrate Brianza rappresenta un caso emblematico di come scelte industriali poco lungimiranti, governance poco equilibrate e mancanza di visione strategica possano generare conseguenze profonde non solo per un’azienda, ma per interi territori e migliaia di famiglie. Il confronto con il sito di Catania, dove invece si investe con forza, amplifica la percezione di una gestione disomogenea e solleva interrogativi legittimi.

È evidente che serva un intervento deciso da parte delle istituzioni italiane, non solo per difendere i posti di lavoro, ma anche per garantire che il nostro Paese possa continuare a giocare un ruolo strategico in un settore cruciale come quello della microelettronica. Agrate non può e non deve diventare un sito di “serie B”, e ogni azione – sindacale, politica, istituzionale – deve tendere alla revisione di un piano industriale che oggi appare miope e dannoso. È in gioco molto più di un semplice stabilimento: è in gioco la dignità di un intero territorio e la credibilità dell’Italia come partner industriale affidabile e competitivo. 

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