È da poco terminato giugno, mese dell’orgoglio LGBT, che a Milano si sigilla ogni anno con il Pride.
La manifestazione, oltre alla parata che attraversa la città, prevede un momento collettivo di messaggi politici, rivendicazioni e richieste alle istituzioni e alla società civile da parte delle associazioni della comunità LGBTQAI+.
Tra queste, sono state espresse con particolare forza le posizioni delle famiglie omogenitoriali. Associazioni come Famiglie Arcobaleno e Rete Genitori Rainbow hanno ricordato le battaglie ventennali sui diritti alla famiglia e alla genitorialità.
Proprio la lotta per questi diritti sta scuotendo in queste settimane l’intera comunità LGBTQAI+ e i suoi alleati, creando una strana frattura. Sono state aperte due distinte raccolte firme per la proposizione di un referendum abrogativo di alcune norme della Legge Cirinnà (la legge che disciplina le unioni civili per coppie omogenitoriali, n.d.r.)
A inizio maggio il comitato UGUALI, sostenuto dal partito Vox Italia, ha presentato l’iniziativa 3600000 “Referendum UGUALI!” .
Alcune associazioni LGBT hanno reagito prendendo le distanze dall’iniziativa, non riconoscendola come propria e sollevando dubbi sull’idoneità a raggiungere lo scopo dichiarato di equiparare unioni civili e matrimonio.
Qualche giorno dopo, l’associazione di avvocati per i diritti LGBTI+ Rete Lenford, ha presentato una nota illustrativa che evidenzia alcuni limiti e potenziali pericoli legati al quesito referendario proposto da UGUALI.
A fine maggio, un comitato costituito da 19 fondatori e sostenuto da diversi attivisti e rappresentanti di associazioni LGBT ha presentato l’iniziativa 3800001 “Sì Matrimonio Egualitario” . Il comitato era stato costituito nel 2022 e già allora aveva tentato una simile iniziativa, fallendo però nella presentazione della proposta del quesito.
Il matrimonio egualitario è ancora una battaglia comune per il popolo del Pride? Cerchiamo di capire cosa sta succedendo.
Il punto in comune: il matrimonio egualitario
Il punto di partenza è sempre lo stesso: l’unione civile è un istituto diverso rispetto al matrimonio e, soprattutto per quanto riguarda il diritto alla genitorialità e l’adozione, prevede una disciplina differente e con meno diritti e tutele (e anche meno doveri).
Ad esempio, una coppia omogenitoriale unita civilmente non può presentare domanda di adozione congiunta. O ancora, ci sono limitazioni al riconoscimento dei figli biologici di uno dei componenti della coppia da parte del partner. Limitazioni spesso colmate dalla giurisprudenza nei tribunali.
La stessa approvazione della Legge Cirinnà fu celebrata da parte della comunità e al contempo generò rabbia e insoddisfazione in chi puntava al matrimonio egualitario, già riconosciuto in altri paesi europei. Da ambo le parti, lotte e rivendicazioni non si sono mai arrestate.
L’iniziativa Referendum UGUALI sul matrimonio egualitario
L’iniziativa Referendum UGUALI ha come obiettivo dichiarato quello di equiparare negli effetti le unioni civili al matrimonio.
Propone di farlo attraverso un referendum abrogativo che elimini integralmente i commi 21, 22, 23, 24, 25, 26 dell’art. 1 della Legge Cirinnà e parzialmente il comma 20 dello stesso articolo, con riferimento alle parole del capoverso 20.2: «La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184.»
In sintesi: eliminando quelle norme, UGUALI ritiene di estendere alle unioni civili tutta (o gran parte) la disciplina del matrimonio, eliminando le disuguaglianze.
I rilievi di Rete Lenford
In una lunga e dettagliata nota illustrativa Rete Lenford ha riassunto rilievi e contrarietà rispetto al quesito proposto da UGUALI.
I punti focali sono due:
- il quesito sarebbe palesemente inammissibile perché manipolativo. Attraverso una operazione chirurgica sul testo, cioè, intende introdurre norme nuove (l’estensione della disciplina del matrimonio) e generando un effetto ben diverso dall’abrogazione consentita dal referendum. Questa operazione e intenzione è inammissibile per il nostro ordinamento e, quindi, pur raccogliendo le firme necessarie l’iniziativa referendaria non passerebbe poi il vaglio della Corte Costituzionale.
- L’abrogazione del secondo paragrafo del comma 20, art. 1 non estende le tutele, non equipara l’unione civile al matrimonio e anzi rischia di generare ulteriori disparità lasciando vuoti normativi.
Nel dettaglio, secondo Rete Lenford nel formulare il quesito non si è tenuto conto che con il “taglio chirurgico” della norma:
- adozioni e procreazione medicalmente assistita continuerebbero a essere possibili solo per coppie di sesso diverso
- si estenderebbero alle unioni civili anche gli oneri legati alla disciplina matrimoniale, come le promesse, la separazione e il divorzio
Inoltre, con l’abrogazione del comma 26 si creerebbe un’incertezza e un potenziale arretramento di tutele per le persone transgender. Il comma 26 prevede che l’unione si sciolga se una delle due persone cambia sesso e ottiene la rettificazione anagrafica. La giurisprudenza, però, ha nel tempo integrato la norma sospendendone gli effetti per 180 giorni in modo da dare il tempo alla coppia di sposarsi, senza cadere in un vuoto di tutela.
La preoccupazione è che una semplice abrogazione, senza un’aggiunta che chiarisca che il vincolo non si scioglie o si trasforma, porti via con sé anche la tutela acquisita per via giurisprudenziale.
Le proposte alternative sul matrimonio egualitario
Il comitato “Sì matrimonio egualitario” ha lamentato una mancanza di coinvolgimento nella proposta del comitato UGUALI. In effetti, perseguendo gli stessi obiettivi, forse un confronto preliminare sarebbe stato utile.
Per tutta risposta, è stata comunque scelta la via del referendum abrogativo. Forse seguendo, almeno in parte, le indicazioni nel merito della nota di Rete Lenford.
Le sostanziali differenze di questa proposta rispetto a quella di UGUALI sono:
- richiesta di abrogazione di una parte più ampia del comma 20, con riferimento anche al terzo paragrafo (in punto di adozioni) e al primo paragrafo nella parte in cui limita l’estensione della disciplina matrimoniale “al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso”
- non viene richiesta l’abrogazione del comma 26
Certo, se il primo rilievo resta quello dell’inammissibilità del quesito perché il “taglia e cuci” è manipolativo, non si capisce perché questa iniziativa sarebbe migliore della prima.
Il risultato? Oggi sono presenti due proposte di referendum molto simili sullo stesso tema. Questo causa una inevitabile dispersione nella raccolta firme e, quel che è peggio, una grande confusione su una battaglia chiave per la comunità LGBTQAI+.
Dopo la pars destruens, Rete Lenord è arrivata anche con quella costruens. Alla luce delle considerazioni puntuali fatte, ritiene che la via più sicura sia quella del diritto positivo. Si legge nella parte finale della nota l’impegno a
promuovere una proposta di ‘legge di iniziativa popolare’ sistemica e ordinata per la tutela di tutte le forme familiari e che raccolga, non solo on-line, milioni di firme consapevolmente informate, lavorando insieme alla società civile e a tutte le realtà (politiche, associative e collettive) che ne condividano opportunità e finalità.
Nobile impegno, forse c’è un po’ di ingenuità nel pensare che una proposta del genere possa trovare attenzione nel momento storico e politico attuale.
Se si vuole chiudere con un pensiero positivo, di sicuro c’è fermento e, per usare ancora le parole della nota, un “rinnovato e diffuso interesse sul tema del matrimonio egualitario”.