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Alla Casa del Popolo, Ferrari racconta la storia del neofascismo

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“In Italia abbiamo inventato il fascismo, ma anche l’antifascismo”. Il momento in cui Saverio Ferrari (Osservatorio Democratico sulle nuove destre) esordisce davanti al suo pubblico alla Casa del Popolo è l’unico in cui fa trasparire un minimo di speranza. Davanti a lui, un nutrito gruppo di partecipanti che, nonostante la partita di Champions League di martedì 6 maggio, ha scelto di ascoltare la storia del neofascismo che Ferrari, un’autorità in materia, aveva preparato. E lo ha fatto senza perdere l’attenzione neanche per un minuto, nonostante le due ore abbondanti. È stato il primo di un corso in due parti organizzato dall’Anpi cittadino. Il secondo incontro, sempre tenuto da Ferrari è previsto per Lunedì 12 alle 21 alla Casa del Popolo. Tratterà del neofascismo europeo.

La storia del neofascismo: la nascita del Movimento Sociale Italiano


La storia del neofascismo – spiega Ferrari – inizia subito dopo la Liberazione. È il 1946 quando Giorgio Almirante (ex segretario di redazione de “La Difesa della Razza” e capo di gabinetto del Ministero della Cultura Popolare della Repubblica di Salò), “Pino” Romualdi (ex vice-segretario del Partito Fascista Repubblicano) e Roberto Mieville lavorano per dar vita a un partito che si ispira esplicitamente al fascismo: il Movimento Sociale Italiano (MSI). Già nel 1948 l’MSI riesce a eleggere, con 500 mila voti, cinque deputati e un senatore. Nel 1972 sarà il quarto partito.

Si tratta di un consenso elettorale tale da poter condizionare i governi futuri, come accade quelli di Giuseppe Pella (1953-54), Adone Zoli (1957-58), il secondo di Antonio Segni (1959-60) e, in misura ancora maggiore, con Ferdinando Tambroni (1960). “L’MSI è un partito che non è stato escluso, come qualcuno ha cercato di sottolineare – commenta Ferrari – ma è stato presente nelle vicende istituzionali del Paese”.

I Fasci di Azione Rivoluzionaria (FAR)


Tuttavia, tornando al 1946, sono gli stessi Almirante, Rauti e Mieville che, in contemporanea con la nascita dell’MSI, si incaricano di riunire sotto un’unica bandiera i gruppi clandestini attivi dopo la Liberazione. Nascono così i FAR (Fasci di Azione Rivoluzionaria), che nella loro breve vita si dedicano all’attività terroristica: mettono trenta chili di tritolo sotto la sede di via delle Botteghe Oscure a Roma, una gelatina esplosiva davanti alla sede del PCI di Milano. “In questa città soprattutto, questi gruppi non fanno propaganda: sparano e uccidono – continua Ferrari – Il 23 aprile del ’46 attaccano la Camera del Lavoro di Milano e assassinano una giovane portinaia, Stella Zuccolotto. Si sono nascosti dietro le macerie per sparare a dei portinai e delle portinaie”.

La gran parte dei gruppi organizzati dei FAR entrò nell’MSI, ma la sigla rimase nelle mani di Julius Evola, il principale teorico neonazista italiano. All’inizio degli anni ’50, Evola diede ai FAR una connotazione “germanica” e “razzista”, e vi aderirono persone gravitanti intorno al Movimento Sociale. Tra questi, Pino Rauti, Clemente Graziani (futuro leader di Ordine Nuovo) e Fausto Dragoni. Il primo è stato dirigente provinciale dell’MSI (e in futuro segretario nazionale), il secondo deputato e capo-ufficio stampa di Almirante, il terzo segretario dell’MSI modenese e funzionario di partito.

Tra le azioni dei FAR di Evola, la predisposizione di un ordigno piazzato sul davanzale del ministro dell’Interno Mario Scelba.

Il fallimento del governo Tambroni e la Strategia della Tensione


Grazie al suo consenso elettorale, l’obiettivo dell’MSI negli anni Cinquanta è stato quello di giocare un ruolo importante all’interno di un blocco politico in chiave anticomunista. L’affossamento del governo di Ferdinando Tambroni nel 1960 segna uno spartiacque: le proteste popolari impediscono l’entrata nell’esecutivo di ministri provenienti dall’MSI. E diventa chiaro che l’MSI, nelle istituzioni, non ha la forza di portare avanti questo progetto politico: le sinistre e il Partito Comunista sono in grado di rovesciare i governi con l’agitazione di piazza.

È in questo scenario che viene incubata la Strategia della Tensione – riflette Ferrari – I neofascisti capiscono che devono entrare in sintonia con i corpi dello Stato e che, per battere i comunisti, non possono inimicarsi gli anglo-americani. Ed è così che Ordine Nuovo, un gruppo nato dal centro studi di Rauti e Graziani, e già balzato agli onori delle cronache per un attentato all’arcivescovado di Milano, inizia a raccogliere armi e a darsi una struttura clandestina a cellule di tre elementi ciascuna.

Gli obiettivi della Strategia della Tensione


L’obiettivo della Strategia della Tensione è quello di creare insicurezza nella popolazione attraverso il terrorismo. Gli attentati ai danni di civili indiscriminati avrebbero dovuto spingere la popolazione impaurita a chiedere la fine della “lenta” democrazia, in cambio di un sistema autoritario per avere maggiore protezione. Un sistema che avrebbe potuto essere impiegato in modo più efficace anche in chiave anti-Unione Sovietica.

“In realtà, i neofascisti fanno i manovali nella Strategia della Tensione – spiega Ferrari – Gli stessi ragionamenti li fanno i vertici deviati degli apparati militari italiani, che danno gli ‘indirizzi’, le Dottrine”. In una di queste, “Parata e Risposta”, si teorizza di provocare il PCI in modo da suscitarne una “reazione scomposta”, per rendere fuorilegge il più grande partito comunista occidentale.

Nel 1970, l’ex missino fuoriuscito, Junio Valerio Borghese, guida l’omonimo golpe, con il supporto di parti deviate dell’Esercito e della Polizia di Stato. Verrà annullato dallo stesso Borghese, che fuggirà in Spagna.

Gli esiti della stagione stragista


Tutto questo si traduce, nella sola Lombardia, in 180 aggressioni nel quinquennio 1969-74, come illustrato nel “Rapporto sulla violenza fascista in Lombardia” stilato dalla giunta regionale democristiana. E, ovviamente, nelle stragi di matrice nera: di cui Piazza Fontana (1969), Piazza della Loggia (1974), Italicus (1974) e Bologna (1980) sono solo le più famose.

“La Strategia della Tensione viene sconfitta per tante ragioni e fattori: per la capacità di controinformazione della sinistra, per la partecipazione democratica e per alcuni fattori internazionali tra il ’74 e il ’75. In quegli anni cadono i regimi fascisti in Europa: in Portogallo, Spagna e Grecia. Ha aiutato anche il Watergate, che ha messo in difficoltà il partito Repubblicano che copriva queste cose”, commenta il relatore. Alcuni dei gruppi eversivi come la stessa Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale (coinvolta nei Moti di Reggio Calabria) furono sciolti per decreto. Alla Democrazia Cristiana non resta che “tagliare i rami secchi dell’esercito”.

Il neofascismo negli anni ’90


Negli anni ’80 e ’90 l’MSI va in crisi di consenso, benché riesca con Gianfranco Fini a entrare nel primo governo di Silvio Berlusconi del 1994 con cinque ministri. Durerà meno di un anno, e a complicare le cose interviene anche la politica europea. Il Partito Popolare Europeo si oppone ad accogliere Forza Italia e l’MSI. A Fiuggi, Fini decide quindi di tramutare il Movimento Sociale in Alleanza Nazionale, introducendo un elemento di discontinuità rinnegando i riferimenti culturali al neofascismo. E questo permette al PPE di accogliere le nuove forze al suo interno.

Una parte dell’ex-MSI non accetta però questa operazione e fonda il “Movimento Sociale Fiamma Tricolore” (MSFT), con coloro che non vogliono abiurare il fascismo. Tra questi ci sono i vecchi di Ordine Nuovo, come Pino Rauti, e i dirigenti dei gruppi che si erano separati in precedenza. Le prime riunioni sono tutt’altro che pacifiche: “In un mondo in cui prevale non l’ideologia, ma la forza fisica, e ognuno vuole fare il duce, ci si picchia. Tanto che sono dovute intervenire le forze di polizia al Teatro Dal Verme”, commenta Ferrari.

La nascita dell’MSFT getta le basi per la costituzione dei principali movimenti neofascisti contemporanei, poiché permette di tramandare e radicalizzare quella cultura che l’MSI aveva cercato di stemperare. Ad esempio, l’MSI non negava l’Olocausto ma cercava di dire che gli italiani c’entravano poco, e che senza la Repubblica di Salò a fare da cuscinetto, gli italiani avrebbero subito un’occupazione più dura da parte dei tedeschi. Balle, ma almeno cercavano di dire queste cosespiega Ferrari –. Tuttavia, l’MSFT nega l’Olocausto, si fa i camerati con i tedeschi e viene sdoganata la croce celtica, proibita da Almirante. È il simbolo dei neonazisti che avevano combattuto l’ultima battaglia di Berlino”.

Dall’MSFT al neofascismo di Forza Nuova e CasaPound


Dalle scissioni dell’MSFT nascono Forza Nuova e CasaPound, i due principali centri neofascisti dei nostri giorni. I primi fuoriescono nel 1997, sono in continuità con Terza Posizione, un gruppo sciolto dalla magistratura dopo la strage di Bologna. Il suo leader, Roberto Fiore, è dovuto fuggire a Londra per far prescrivere le condanne per “Associazione sovversiva e banda armata”.

È un gruppo antisemita e nazifascista che ha come modello i collaborazionisti dei nazisti. Con solidi rapporti con l’integralismo cattolico, ha tra i primi punti del suo programma politico l’abolizione dell’aborto. Grazie agli investimenti dello stesso Fiore, gode di ingenti risorse finanziarie. Ha provato a mobilitare no vax e anti-green pass durante il Covid: il tutto è sfociato nell’assalto alla sede nazionale della CGIL il 9 ottobre 2021. Nel 2020 si è registrata la scissione da parte dei dissidenti nei confronti di Fiore, che hanno fondato “La Rete dei Patrioti”, attiva nel Nord Italia.

CasaPound


CasaPound fuoriesce dall’MSFT nel 2003 per contrasti interni. Inizia a creare centri sociali di destra a imitazione di quelli di sinistra per aggregare i giovani. Più che l’ideologia, sono i sentimenti di fratellanza e comunità a fare da collante. Il modello è il primo fascismo del ’19-’20 e cercano una riedizione di quella storia: pensano a una rivoluzione giovanile e a uno smantellamento dei partiti di massa. Ma c’è spazio anche per i richiami allo squadrismo: la sezione di CasaPound di Cremona si chiama “Stoccafisso”, come l’arma improvvisata utilizzata dagli squadristi per picchiare gli avversari politici quando non era possibile portare il bastone da passeggio.

CasaPound prende il nome da Ezra Pound, poeta di una certa levatura, famoso per le sue posizioni antisemite. Il secondo riferimento culturale è il francese Robert Brasillach, che pubblicava i nomi e gli indirizzi degli ebrei da catturare durante la Seconda guerra mondiale, e per questo fu fucilato da Charles De Gaulle. Hanno però l’abitudine di appropriarsi di altri riferimenti altrui. In un’intervista, il leader Gianluca Iannone ha dichiarato: “Che Guevara ci interessa perché era un guerrigliero che ha combattuto una battaglia già persa e in cui sapeva di poter morire, come i ragazzi della Repubblica di Salò”.

Da Alleanza Nazionale a Fratelli d’Italia


Gli eredi di Alleanza Nazionale sono Fratelli d’Italia, che, pur non essendo un’organizzazione neofascista, ha i connotati di una rifondazione missina. Nell’ultimo congresso nazionale, tenuto nel 2017 a Trieste, hanno rimesso la fiamma tricolore nel simbolo per sottolineare la continuità con l’MSI.

“Quando hai quella storia – conclude Ferrari – o inserisci un elemento di discontinuità o cerchi di adattare il Paese a quella storia”. E oltre a francobolli dedicati a Giovanni Gentile, al mausoleo al missino Rodolfo Graziani (già colonizzatore di Libia ed Etiopia), e alle varie intitolazioni a Sergio Ramelli, in Parlamento c’è una battaglia per costituire delle commissioni per rivedere le stragi degli anni ’70. “Ma ci sono due ostacoli: il primo è Bologna, la più grande strage italiana del dopoguerra: lì sono arrivate quasi tutte le condanne di esponenti neofascisti. Il secondo è Piazza della Loggia a Brescia: lì il capo aveva la tessera dell’MSI ed è difficile da negare”.

Tirando le somme, Ferrari osserva: “Non credo che siamo a ridosso di un nuovo fascismo, ma di un’involuzione democratica. Si pensi al decreto sicurezza e ai giornalisti spiati. Tuttavia, Siegmund Ginzberg parla di ‘Sindrome 1933’: quando i nazisti arrivarono al governo, dicevano che duravano poco. È finita ad Auschwitz. In casa nostra, nel 1919 le persone a San Sepolcro erano poche e si parlava di rivoluzione fallita. Tre settimane dopo, insieme a Tommaso Marinetti, assaltano socialisti e anarchici, uccidono tre persone, tra cui una diciannovenne”.

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