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Come ha fatto l’Arsenal Women a vincere la Champions

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Sabato 24 maggio l’Arsenal Women ha battuto per 1-0 il blasonatissimo Barcellona femminile nella finale di Uefa Women Champions League e ha conquistato il trofeo. La rete della vittoria porta la firma di Stina Blackstenius (74′) subentrata nel secondo tempo.

La finale perfetta


Stadio gremito con oltre 38mila e trecento spettatori. La curva blaugrana con centinaia di bandiere catalane e coreografie da corazòn, la tifoseria dei gunners con i caratteristici cori inglesi e tanta birra. Così, all’ Estadio José Alvalade di Lisbona, solitamente casa dello Sporting, è andata in scena la finale perfetta.

Da una parte la favorita Barcellona alla sua sesta finale, già 3 Champions vinte, stra-dominio in tutte le competizioni casalinghe, due palloni d’oro e molte vincitrici dell’ultimo mondiale in campo e panchina, semifinali conquistate con 8 (quattro all’andata e altrettante al ritorno) reti rifilate alla vincitrice dello scudetto inglese Chelsea.

Dall’altra parte l’underdog Arsenal. L’ultima finale delle Gunners è stata nel 2007, a quella del 2025 ci sono arrivate partendo dal primo turno e ribaltando il risultato contro la campionessa in carica Olypique Lyone nel ritorno di semifinale. Nel campionato domestico l’Arsenal non riporta vittorie da tempo e la stagione 24-25 non era partita al meglio, portando addirittura alle dimissioni del primo allenatore e alla promozione sulla panchina della vice Renée Slegers.

Insomma, l’arcinota storia di Davide contro Golia. Il calcio è pieno di ribaltoni avvincenti così, ne ho visti dagli spalti e vissuti da giocatrice (io sempre Davide, chissà che si prova ad essere Golia…). Si dirà che, soprattutto nelle partite secche, tutto può succedere, che le statistiche stanno su carta e quello che conta è il campo, che la palla e rotonda e ad ogni partita c’è sempre tutto da dimostrare. In parte è vero, ma nel caso della vittoria dell’Arsenal sul Barcellona è diverso.

La costruzione della vittoria dell’Arsenal Women


Intanto forse “Davide” non è poi così “umano”. Non è di certo una formazione scarsa quella che può contare sulla promessa sbocciata Alessia Russo, stella della nazionale inglese accanto a Leah Williamson, Cloe Kelly e Bethany Mead, e sulla veterana svedese Stina Blackstenius. Ma ci voleva una guida: questa vittoria è stata preparata con studio e lavoro durato mesi e che ha rimesso i grandi talenti della formazione inglese in grado di competere a livello internazionale (e nazionale).

Indiziata principale? Renée Slegers. Olandese, vent’anni da centrocampista e poi la carriera da allenatrice in club svedesi, nello staff della nazionale svedese U23, infine all’Arsenal Women come vice fino all’opportunità di salire in cattedra. E rimettere le cose a posto. Prima di tutto in campionato, dove l’Arsenal ha chiuso secondo, nel dubbio conquistandosi il posto Champions 25-26. E poi in Europa, scalando il tabellone un turno alla volta, fino alla semifinale di ritorno contro il Lyone, forse la vera impresa di questo torneo.
Infine, la vittoria in finale, che è fatta di pressing alto, interruzione delle linee di passaggio, cinismo sotto porta e grande spirito di adattamento.

La congiuntura astrale (o forse solo un lungo ciclo positivo giunto al termine, come è fisiologico) ha voluto che la gigante-Barcellona si presentasse in campo non sufficientemente preparata a trovare soluzioni alternative. Sebbene in assoluto controllo tecnico e del gioco, le catalane hanno fatto fatica a trovare soluzioni quando la pervicace e aggressiva fase difensiva dell’Arsenal impediva le triangolazioni rapide telecomandate da Putellas e gli spunti individuali di Graham e Bonmatì.

Lo spettacolo e le emozioni del fine gara


Un po’ di disappunto per chi voleva una goleada, nulla in confronto alla delusione di chi tifava Barcellona. È stato comunque un grande spettacolo. Che per i romantici prosegue anche dopo il triplice fischio finale.

Spezzano il cuore le lacrime di Claudia Pina, che si era conquistata il posto da titolare nella finale, ma non è riuscita a segnare. E quelle di Kika Nazareth, portoghese, che non ha potuto giocare perché infortunata. Infiamma a gioco fermo lo sguardo infuocato di Alexia Putellas, che in albergo dovrà fare i conti con la sua giudice più severa: sé stessa.
Commuove il saluto sempre caloroso della curva, che non smette di applaudire e cantare, mentre le giocatrici sconfitte tendono una mano verso gli spalti e se la portano al cuore per consolarsi.

Mentre nell’altra metà campo impazza la festa biancorossa su playlist di successi inglesi (con variazioni a tema ABBA, forse una dedica a Stina) a base di ola e improbabili pose per la foto con la coppa. Ma la vittoria più dolce è forse quella di Leah Williamson: vicecapitana e bandiera della formazione inglese, nel 2007 era una delle bimbe che avevano accompagnato in campo le giocatrici dell’Arsenal Women nell’unico successo europeo. Sabato è stata lei a sollevare la Coppa.

Tra poco più di un mese sarà tempo di Europeo (Svizzera, a partire dal 2 Luglio). Che le piccole crepe del Barcellona possano giungere fino alla selezione spagnola e far filtrare luce per la nazionale Italiana?


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