Seconda puntata del dossier-inchiesta dedicato alle multinazionali con sede o stabilimenti in Brianza, che stanno vivendo un’estate infuocata. Non solo per la persistenza del caldo intenso ma anche e soprattutto a causa di una prolungata stagione di crisi. Crisi che sta non solo compromettendo il business di queste stesse società ma, ancora più importante, mette a rischio migliaia di posti di lavoro con annesse ansie e preoccupazioni delle famiglie coinvolte. Siamo partiti la scorsa settimana con la ST Microelettronics di Agrate Brianza e in questa seconda puntata ci spostiamo di pochi chilometri trasferendoci a Brugherio per aprire il dossier Candy.
Di cui, purtroppo, non possiamo più parlare come azienda in crisi ma in dismissione. Dal primo di luglio, infatti, sono iniziate le operazioni che porteranno al totale spoglio della parte produttiva del sito di via Comolli, di proprietà di Haier, che attraverso una transizione, che l’azienda fa sapere durerà circa un anno, convertirà il comparto produttivo in un comparto logistico.
Logistica per Candy? Non proprio
A questo proposito bisogna dire che si è parlato tanto nelle scorse settimane, attraverso la stampa, di un non meglio precisato polo logistico. Definizione piuttosto generica che chiarisce molto poco quali saranno gli effettivi sbocchi professionali. Sarebbe un po’ come chiamare un centro commerciale polo del commercio: in linea generale non si sbaglia, ma ne sappiamo quanto prima. Proveremo a capire insieme più tardi quale attività si svolgerà, in soldoni, allo stabilimento ex Candy.
Lo sappiamo tutti che non è stato certo un fulmine a ciel sereno, il destino della Candy e di molti dei suoi lavoratori era scritto da diverso tempo. Sulle pagine del nostro giornale avevamo avuto modo di parlare del piano di congedo di parte del personale. Questo attraverso pensionamenti, prepensionamenti e uscite “volontarie” che sarebbe più corretto chiamare uscite incentivate. Senza dimenticare chi ha avuto l’opportunità di trovare una nuova occupazione senza attendere la chiusura della produzione.
Per meglio comprendere ciò che sta accadendo proprio in questi giorni, ci siamo rivolti a Pietro Occhiuto che fin dalla primissima ora in qualità di sindacalista della Fiom CGIL ha seguito il percorso dei lavoratori, cercando di ottenere per loro le migliori tutele possibili, in questo doloroso ma inevitabile passaggio che nessuno vorrebbe mai trovarsi ad affrontare. A partire dal contratto di solidarietà, partito proprio dal primo luglio. Cosa prevede questo ammortizzatore sociale? In pratica la retribuzione è garantita agli ex lavoratori di Candy all’80% dall’Inps, mentre il restante 20% resta a carico di Haier.
Occhiuto: “Transizione di un anno e 9 milioni di euro di investimenti”
Spiega Occhiuto “Il contratto riguarda il personale operativo coinvolto dalla transizione e si rende necessario a seguito della cessazione, al 30 giugno, della produzione di lavatrici. Abbiamo ottenuto garanzie su rotazione equa dell’orario, gestione condivisa degli esuberi e sulla disponibilità dell’azienda a sostenere economicamente i lavoratori attraverso strumenti di welfare, per mitigare l’impatto della riduzione oraria. Dal primo di luglio sono partiti i lavori di svuotamento e riassetto degli spazi produttivi, con il setup del nuovo Service Hub previsto da settembre, mentre le attività di produzione Kit, Rework, Refurbishment, linea cesti, Branson e ex Gias continueranno regolarmente”.
Continua “Il percorso di riconversione industriale del sito, che si completerà entro luglio 2026, prevede un investimento complessivo di 9 milioni di euro, destinati alla riorganizzazione degli spazi, all’aggiornamento impiantistico e alla digitalizzazione delle nuove attività. La RSU continuerà a monitorare attentamente ogni fase del processo, con l’obiettivo di garantire la massima tutela occupazionale, il rispetto degli impegni assunti, la trasparenza nei confronti dei lavoratori”.
Candy, i punti cardine del contratto di solidarietà
Ma quali sono i punti fondamentali concordati con i sindacati del contratto di solidarietà? Li vediamo di seguito:
- La garanzia per ciascun lavoratore coinvolto di svolgere almeno il 20% dell’orario lavorativo settimanale, anche se fin da ora è certo che le attività previste richiederanno un impegno superiore a questa soglia.
- La disponibilità dell’Azienda a riconoscere a fine anno una somma economica a titolo di welfare aziendale, al fine di contenere l’impatto economico della riduzione oraria.
- Un accordo per gestire 31 esuberi tra il personale interessato dal contratto di solidarietà, e 12 tra gli impiegati non coinvolti nel contratto, applicando gli stessi criteri già stabiliti nel precedente accordo sulla mobilità
Nava “Candy non lascerà Brugherio”
Vorremo ora tornare a quanto riferito da Occhiuto in relazione alla riconversione dello stabilimento Come abbiamo visto ha parlato di service hub. Ma che cosa vuol dire Service Hub? Di cosa si occuperanno materialmente gli operai che resteranno in forza alla Candy-Haier?
Ne abbiamo parlato con l’assessore Carlo Nava, che ha seguito da vicino tutta la vicenda, vigilando, insieme ai sindacati, che la transizione fosse sostenibile per i lavoratori e la città tutta. Non dimentichiamo, infatti, che Candy per tanto tempo ha rappresentato una fetta importante della forza lavoro della città.
“Prima di tutto tengo a dire una cosa importante. Negli incontri che abbiamo avuto sia in regione che in provincia è emerso chiaramente che Candy-Haier non lascerà Brugherio, né oggi né in futuro. Sono previsti investimenti, quindi non ci sono timori di questo tipo. Ho avuto conferma dai sindacati che pur nella sventura di una transizione aziendale, il tutto sta avvenendo in un contesto molto più che accettabile”.
Prosegue “Altre situazioni sono molto più problematiche, basta vedere cosa accede a pochi chilometri dalla nostra città. Anche sul tema della viabilità si sono accesi alcuni campanelli di allarme, perché si è parlato di logistica, ma bisogna cambiare terminologia. Tutti hanno pensato a grosse movimentazioni di prodotti, in realtà quello di Candy sarà un service hub europeo, che non si occuperà di logistica ma di servizi. Resterà attiva la produzione dei cestelli, il re-work e saranno gestiti anche i ricambi e i kit. Il trasporto, quindi, passerà da pesante a leggero e in realtà non occorrerà intervenire sulla viabilità“.
Per Candy si pensa anche a un museo
“Potrebbe darsi, – continua l’assessore Nava – che in futuro vengano utilizzati persino i droni. Per quanto riguarda il personale sarà importante la sua riqualificazione attraverso degli specifici percorsi formativi. C’è anche la proposta di realizzare un museo Candy, in quel sito. L’unico dubbio al momento riguarda i contratti che entreranno in vigore, una volta che la transizione sarà completata e il contratto di solidarietà cesserà la sua operatività. Purtroppo, al momento, a domanda precisa non mi hanno ancora risposto. Per quanto riguarda le possibilità future, in caso Candy-Haier necessiti di assumere personale, la città di Brugherio sarà tenuta certamente in considerazione, ma molto dipenderà dalle figure professionali di cui ci sarà esigenza”.
Dunque, si sta aprendo una nuova era che a quanto pare non rischia di volgere in direzione di un disimpegno totale, piuttosto incontra le necessità di un mercato che cambia le sue regole e le sue geografie. In fin dei conti è sempre successo. Il glorioso passato di Candy era il futuro, 80 anni fa. Tutto il futuro possibile, prima o poi, finisce alle nostre spalle. Per questo, seppur con inevitabile amarezza, non possiamo che prendere atto che i tempi mutano e che un po’ come avviene nella selezione naturale, sopravvive solo chi riesce ad adattarsi.
L’album dei ricordi
Proviamo a ricostruire un piccolo album dei ricordi e ripercorriamo la gloriosa storia di Candy, il cui nome per quasi un secolo è stato scritto nel biglietto da visita della città di Brugherio.
Nel 1927 Eden Fumagalli fonda la Officine Meccaniche Eden Fumagalli, la Omef, che nasce come fabbrica di macchine utensili. Nel 1932, grazie all’esperienza acquisita negli Stati Uniti da Enzo Fumagalli, figlio del patriarca, viene prodotta la prima lavabiancheria industriale, il cui nome sarà EFM 504. Nel 1940 la Omef è passata intanto da 5 a 100 dipendenti, ma lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale blocca la produzione.
Nel 1945, nell’Italia liberata dal nazifascismo, la Omef riprende l’attività e decide di diversificare il proprio business, ideando e realizzando lavatrici per uso domestico, la prima azienda in Italia a farlo. Nel 1946 viene presentato il primo modello alla Fiera di Milano, la Candy 50. Il nome Candy viene scelto da Enzo, fortemente influenzato dalla cultura americana, che riprende il titolo di una canzone molto in voga tra i soldati a stelle e strisce.
Nel 1960 Omef diventa Candy
Il grande successo di macchina convince i Fumagalli a sviluppare altri modelli da immettere sul mercato. Nascono la Candy 45, la Bi-Matic e la Full-Matic, tra le altre. Nel 1961 la produzione si sposta a Brugherio, in via Comolli, dove è rimasta fino al 30 di giugno scorso. Quello stesso anno la Omef diventa Candy società per azioni. Gli operai lavorano su turni di 12 ore al giorno e la produzione non si ferma nemmeno sabato e domenica. Dallo stabilimento di Brugherio escono circa 380 macchine finite al giorno. Nel frattempo vengono aperte anche le prime due filiali estere, in Germania e Francia, per supportare la distribuzione negli altri Paesi europei.
Nel 1970 il numero dei dipendenti è salito a 1.500 persone. Nel 1971 il fondatore dell’azienda, Eden Fumagalli muore e il timone passa naturalmente al figlio Enzo. Nel 1975, grazie a una lungimirante strategia di espansione, attuata attraverso l’acquisizione di altre aziende, la Candy entra tra le prime quattro società che producono elettrodomestici in Italia. Oltre alle lavatrici si producono frigoriferi, cucine a gas, condizionatori.
Il vento dell’est
Nel 1980 i primi venti dell’est cominciano a soffiare. Non dall’ancora lontana Cina, ma dall’Europa dell’est arrivano concorrenti agguerriti e anche la saturazione del mercato fa la sua parte: lavatrici e frigoriferi sono ormai nelle case di tutti, sia in Italia che in gran parte del resto del mondo. Candy ha ulteriormente incrementato il personale, che è arrivato a 3.000 unità, distribuito in 7 diversi stabilenti. Il fatturato si aggira intorno ai 200 miliardi di lire, circa 600 milioni di euro di oggi, stima per difetto. La Candy si riorganizza, diventando una holding multinazionale.
Gli azionisti di maggioranza restano i fratelli Fumagalli, Enzo e Niso, mentre la parte restante passa a una finanziaria lussemburghese. Quello stesso anno viene inaugurato il primo stabilimento estero, in Inghilterra, per la produzione di frigoriferi da immettere proprio sul mercato britannico. Nel 1984 un nuovo primato per Candy, che è la prima azienda italiana a produrre forni a microonde: continua l’influenza americana dove questo prodotto è molto in voga. Il fatturato esplode, arriva 550 miliardi di lire, un miliardo e 300 milioni di euro odierni il controvalore, di cui la metà proveniente dal mercato estero.
Continua l’espansione di Candy nonostante la morte del suo presidente Niso Fumagalli. La carica viene assunta dal fratello Peppino, intanto entra nell’organigramma la terza generazione di Fumagalli: Maurizio, Eden, Silvano, Aldo e Beppe. I primi tre figli di Niso gli altri figli di Enzo, entrano in azienda. Nel 1992 Candy sbarca in Unione Sovietica aprendo uno stabilimento in Russia. Nel 1993 Aldo Fumagalli diviene presidente mentre Silvano ricopre la carica di amministratore delegato.
Il nuovo millennio
Negli anni 2000 vengono operate numerose acquisizioni di società estere, che comprendono, ironia della sorte, persino alcuni marchi cinesi. Qualche stabilimento di società controllate dal gruppo, come la Zerowatt di Alzano Lombardo, viene però chiuso e inizia anche la delocalizzazione all’estero di una piccola parte della produzione. Anche se dati alla mano il fatturato è superiore un miliardo di euro, sono le prime avvisaglie del declino. Nel 2009 si raggiunge quota 100 milioni di apparecchi prodotti dal 1946. Inoltre, viene aperta una filiale a Dubai.
Nel 2018, Aldo e Beppe Fumagalli, che hanno rilevato in egual misura le quote di tutti gli eredi Fumagalli, controllano il 90 percento dell’azienda, che il 28 settembre di quello stesso anno viene ceduta per 475 milioni al gruppo Haier.
I 7 anni che seguono sono storia dei nostri giorni. Una piccola officina meccanica a conduzione familiare è divenuta una grande multinazionale e poi si è praticamente dissolta. Fa molta impressione constatare come rispetto alla decisa ma graduale crescita degli anni 70-80-90 il declino sia avvenuto nel giro di 15/20 anni. La concorrenza del mercato cinese combinata con la crisi della metalmeccanica cominciata durante il Covid sono state le pietre tombali sulla visionaria azienda della famiglia Fumagalli. Resta il marchio ma le lavatrici si faranno altrove. È la globalizzazione, bellezza, si condividono bonus e malus che ne derivano. Volenti o nolenti, dobbiamo farne i conti.
