Giugno inizia con un importante appuntamento elettorale: un referendum abrogativo che prevede ben cinque quesiti, quattro riguardanti norme sulle tutele sul lavoro e uno l’ottenimento della cittadinanza italiana da parte di stranieri residenti.
Per il referendum si voterà domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15 presso il seggio indicato sulla propria tessera elettorale.
Recandosi alle urne si riceveranno cinque schede, ciascuna di colore diverso e contenente uno dei quesiti referendari. Si potrà votare singolarmente i quesiti, tutti, alcuni o anche uno solo di essi. Che cosa chiedono i quesiti e come funziona un referendum abrogativo? E quali sono le posizioni in merito al voto? Andiamo con ordine.
Come funziona un referendum abrogativo?
I quesiti iniziano tutti con la formula “Volete voi abrogare” e proseguono indicando parti di articoli (i cosiddetti commi) o anche singole parole che possono essere confermate (votando “no”) o cancellate (votando “sì”) dagli elettori.
L’abrogazione, ossia la cancellazione, che avviene per effetto del “sì” comporta una modifica, anche sostanziale, dell’effetto che quella legge ha su alcuni aspetti della vita dei cittadini e delle persone residenti in Italia.
Affinché l’abrogazione avvenga è necessario che vi sia una maggioranza di sì, ma anche che si raggiunga il quorum, ossia che vada a votare il 50% più uno degli aventi diritto.
Analizziamo ora uno ad uno i cinque quesiti
Scheda gialla: il quesito sulla cittadinanza
Nell’immagine il fac-simile della scheda referendaria mostra come sarà formulato il quesito:

Che cosa significa? Attualmente, gli stranieri extracomunitari maggiorenni che vogliono fare domanda di concessione della cittadinanza italiana devono rispettare alcuni requisiti:
- avere un reddito stabile
- conoscere la lingua italiana
- non aver commesso reati
- risiedere legalmente e in modo continuativo in Italia da dieci anni.
La domanda referendaria interviene proprio sul requisito temporale. Abrogandola, tornerebbe ad essere di cinque anni. rimarrebbero invariati gli altri requisiti.
Questa riforma riguarda 2,3 milioni di persone oggi residenti in Italia.
Scheda verde: licenziamenti illegittimi
La prima delle schede che riguardano le tutele dei lavoratori propone di abrogare la disciplina a tutele crescenti del Jobs Act varato dal governo Renzi nel 2015. Ecco come si presenta:

Con il Jobs Act i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi in aziende con più di 15 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo non potevano più chiedere il reintegro, ma un indennizzo tra le 6 e le 36 mensilità. Abrogando la norma, in caso di licenziamenti ritenuti nulli o di cui un giudice accerti l’illegittimità il lavoratore potrebbe richiedere anche il reintegro oltre che l’indennizzo, ma solo nei casi previsti dalla precedente disciplina, ossia la Riforma Fornero dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Scheda arancione: licenziamenti e indennità nelle piccole imprese
Il secondo quesito sul tema lavoro riguarda invece i lavoratori assunti imprese fino a 15 dipendenti. La scheda si presenta di colore arancione e con questa formulazione:

Che cosa cambierebbe con l’eliminazione di questi stralci di norma? Non ci sarebbe più il limite di sei mensilità per l’indennizzo da licenziamento ingiusto. Tornando all’ordinamento precedente, il lavoratore di una piccola impresa che dovesse subire un licenziamento illegittimo potrebbe, con una decisione del giudice, ottenere un indennizzo commisurato sulla base di diversi criteri come gravità della violazione, età, carichi di famiglia e capacità economica dell’azienda.
Scheda grigia: contratti a termine
La formulazione più complessa è forse quella del quesito sui contratti a termine. Anche questo riguarda una norma del Jobs Act.

I contratti a termine in Italia riguardano oggi quasi 2 milioni e 600 mila persone (dati Istat aggiornati a marzo 2025, che registra un lieve calo dei contratti a tempo determinato). La normativa attuale consente alle aziende di ricorrere a contratti a tempo determinato di massimo 12 mesi senza l’obbligo di indicare il motivo della scelta di quella tipologia contrattuale.
Abrogando la norma, tornerebbe in capo al datore di lavoro proprio l’obbligo di specificare la “causale” per cui si stipula un contratto a tempo determinato e non uno a tempo indeterminato, che è considerato dall’ordinamento la forma contrattuale di base.
Scheda rossa: responsabilità del committente in caso di infortuni
Infine, un altro complesso quesito mira, negli intenti di chi ha proposto il referendum, a aumentare la sicurezza dei lavoratori. Ecco come si presenta la scheda, che dalle istituzioni è definita color “rosso rubino”, ma nel fac-simile presente sul sito del Governo appare rosa o fucsia:

La disciplina attuale prevede che l’azienda committente sia responsabile in solido con appaltatore e subappaltatori per l’infortunio del lavoratore sul posto di lavoro. Tuttavia, esclude la responsabilità del committente per danni da rischi specifici di quell’attività lavorativa, ossia se l’infortunio avviene per rischi normali legati al proprio mestiere (non per strumenti o infrastrutture insicure, di cui è titolare o responsabile il committente).
Con il “si” si vuole eliminare questa esclusione, estendendo la responsabilità solidale del committente a tutti i casi di infortunio e quindi consentendo ai lavoratori di rivalersi in tutti i casi anche sul committente.
Info sul referendum: il confronto in onda su Freedom Street Radio
Mercoledì 28 maggio alle ore 18.30 su Freedom Street Radio (www.freedomsr.com) andrà in onda un confronto radiofonico tra sostenitori di diverse espressioni di voto, all’interno dello speciale di “La solitudine dei numeri primi” condotto dal giornalista Gius Di Girolamo.
Al confronto parteciperanno Walter Palvarini Segretario Generale CGIL Monza e Brianza, espressione del sindacato che sostiene i “5 sì”, e Melina Martello, Presidente provinciale di Italia Viva Monza e Brianza, che esprime la posizione differenziata del partito fondato da Matteo Renzi.
Sarà un momento per approfondire le posizioni rispetto al voto e le motivazioni che ci hanno anticipato.
Verso il voto: i “5 sì” di CGIL e la posizione differenziata di Italia Viva
Il sindacato CGIL ha promosso la raccolta firme per quattro dei cinque quesiti referendari e ha poi sostenuto il quesito sulla cittadinanza promosso da +Europa.
Matteo Moretti, segretario organizzativo della Cgil di Monza Brianza, racconta l’impegno dei volontari sul territorio e le motivazioni a sostegno dei 5 sì:
“In questo momento in Brianza abbiamo costituito 27 comitati intercomunali, che raccolgono tutti i 55 comuni della Brianza e che sono a sostegno dei 5 sì. I nostri circa 1.000 militanti sono sul territorio per azioni di volantinaggio e informazione, calendarizzate fino al 6 di giugno, vogliamo sopperire alla mancanza di informazione sul tema del referendum.

“Pensiamo che questo referendum possa introdurre un cambiamento concreto e immediato per oltre 20 milioni di persone in Italia – prosegue – con un risvolto sulla qualità non solo della vita di queste persone, ma anche della democrazia nel nostro Paese. Nel clima di sfiducia generalizzata e disaffezione, crediamo che questa sia anche un’occasione per rimettere al centro la partecipazione.“
“Questi referendum non hanno una sensibilità politica, riguardano norme fatte da governi di centro-sinistra e centro-destra e tecnici – prosegue Moretti – è un’occasione per riprendersi dei diritti che alle persone sono stati negati. E avere la possibilità, il giorno dopo il referendum, di tornare ad avere una tutela contro il licenziamento illegittimo, di avere un indennizzo adeguato anche nelle piccole aziende, di ritornare ad avere l’obbligo di inserire nei contratti di assunzione la causale di giustificazione per ricorrere a un contratto a termine.“
Diversa la posizione di Italia Viva su due dei cinque quesiti
Per i quesiti che riguardano i licenziamenti illegittimi (scheda verde) e i contratti a termine (scheda arancione), il partito Italia Viva da indicazione di preferenza per il “no”.
Melina Martello, Presidente provinciale di Italia Viva Monza e Brianza , ha precisato: “Si è detto che votando “sì” a questi quesiti referendari sarà abrogato il Jobs Act e questo non è vero. I quesiti riguardano norme contenute nel Jobs Act, ma che nel tempo sono state più volte modificate. Inoltre, se l’intento dichiarato è quello di ampliare la tutela dei lavoratori bisogna chiedersi quale sia l’effetto reale dell’abrogazione delle norme. A noi sembra, per questi due quesiti in particolare, che l’effetto di una eventuale abrogazione sia invece quello di peggiorare la condizione dei lavoratori, non di migliorarla.”
Nel dettaglio, spiega Martello parlando del primo quesito sui licenziamenti illegittimi: “è importante dire che votando “sì” non si tornerebbe all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ma alla disciplina precedente il Jobs Act, ossia la riforma Fornero, che aveva limitato molto il diritto di reintegro e previsto nella maggior parte dei casi un risarcimento di 24 mensilità, che è minore delle 36 mensilità previste dalla normativa attuale. Crediamo quindi che per effetto dell’abrogazione la situazione dei lavoratori peggiorerebbe, non migliorerebbe, quindi voteremo “no”.“
E sul contratto a termine prosegue: “L’intento del quesito sarebbe quello di limitare il ricorso al contratto a tempo determinato, ma se vincesse il “sì” si tornerebbe a una disciplina molto simile a quella in vigore tra 2001 e 2012, con il rischio di un incremento dei contenziosi davanti al tribunale. Questo significa maggiori spese per il lavoratore, maggiore incertezza dell’esito e probabilmente anche maggior difficoltà ad accedere al mondo del lavoro. Venendo meno la possibilità del contratto a tempo determinato si limitano i canali di ingresso nel mondo del lavoro, quindi una condizione peggiorativa.”
“A mio avviso – aggiunge Martello – sarebbe da incentivare la contrattazione sindacale e la presenza del sindacato nelle aziende, ma è tutta un’altra questione e non riguarda il referendum”.
Gli altri due quesiti: indennizzo e tutela della sicurezza e della salute
Per Martello è un “no” netto anche sugli altri due quesiti inerenti la disciplina del lavoro, sui quali invece Italia Viva lascia libertà di scelta per l’espressione del voto. La Presidente provinciale di Italia Viva spiega: “A mio avviso, affidare alla discrezionalità del giudice la quantificazione dell’indennizzo per il licenziamento illegittimo significa aumentare i contenziosi e i costi per i lavoratori, rischiando di danneggiarli. Sul fronte della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro che è sacrosanta, penso che non si possa migliorare con sanzioni pecuniarie. Ci vuole ben altro, dalla formazione ai controlli, passando per i criteri di selezione delle aziende appaltatrici. Quello che dobbiamo fare, non è dotarci di leggi più feroci, ma rendere più efficaci quelle che ci sono già. E innescare un cambiamento culturale delle aziende e dei lavoratori.”
In punto di sicurezza, è diametralmente opposta la considerazione di Moretti per CGIL: “Oggi se un lavoratore in appalto o subappalto subisce un infortunio o malattia professionale non può rivalersi sull’azienda committente. Questo spesso condanna i lavoratori o le loro famiglie a non avere un risarcimento adeguato perché le aziende o non hanno capienza o non hanno una struttura societaria adeguata a garantirlo. Cancellando quella legge si condizionerebbero le aziende committenti a selezionare meglio le imprese cui affidano i lavori, in funzione del rispetto dei diritti, delle norme su salute e sicurezza, dei contratti che vengono applicati ai lavoratori. Non varrebbe più la logica del massimo ribasso, si innescherebbe un meccanismo virtuoso.”
Comunione di intenti sul tema della cittadinanza.
Per Martello (Italia Viva) “è un bene che persone che risiedono legalmente in Italia da almeno cinque anni, che lavorano e contribuiscono con il loro lavoro a pagare le tasse e le pensioni, che non delinquono, diventino cittadini. Un bene per loro, ma anche per noi. Ne beneficeremmo tutti, come contribuenti, come attuali o futuri pensionati, come cittadini che vivono nelle aree densamente abitate da persone immigrate, perché una migliore integrazione significa anche migliore convivenza.”
“Il tema della precarietà, anche legato alla mancanza di cittadinanza, è un tema che colpisce le persone che lavorano e in generale i cittadini – offre il proprio punto di vista Moretti (CGIL) – Si tratta di 2,5 milioni di persone che, per quanto ci riguarda, sono italiane a tutti gli effetti anche se non hanno la cittadinanza. Vogliamo includerli, perché pensiamo di essere un paese civile e democratico, al pari di Francia e Germania. Il tema della cittadinanza vede una sensibilità molto ampia dei giovani under 30, ai quali non abbiamo neppure bisogno di spiegare: in adolescenza e infanzia hanno avuto esperienza diretta delle discriminazioni subìte da amici e compagni di classe.”
La sfida del quorum
La sfida più grande è quella del raggiungimento del quorum, senza il quale il referendum non è valido.
“Dovremo portare a votare 25milioni di italiani, in Brianza l’equivalente è di 350.000 elettori – fa i conti Moretti di CGIL – Ecco perché stiamo dicendo a tutte e tutti che è importante andare a votare, a prescindere dalle proprie preferenze politiche. Noi crediamo che dal 10 di giugno, a fronte del raggiungimento del quorum e della prevalenza del “sì” la condizione di tutti migliorerà. Questi quesiti riguardano 4 milioni di persone che hanno iniziato a lavorare dopo il 2015, ma anche coloro che entreranno nel mercato del lavoro o anche chi cambia lavoro. Riguarda circa 3 milioni di persone con contratti a termine e 5 milioni che sono in appalto o subappalto. E riguarda, infine, 2,5 milioni di persone che sono in gran parte lavoratori e che vorremmo diventassero cittadini con i doveri e i diritti di tutti gli altri”.
Concorde sull’importanza di andare ad esprimere una preferenza con il voto anche Martello di Italia Viva, che condanna le recenti esternazioni del Presidente del Senato Ignazio La Russa che ha invitato all’astensione: “Il voto è un diritto e un dovere, io sono sempre favorevole all’espressione del voto e Italia Viva, con le dovute precisazioni nel merito dei quesiti, si è espressa in favore del voto. Pur essendo legittima anche l’astensione, credo che in qualità di seconda carica dello Stato, il Presidente La Russa non avrebbe dovuto esprimere quella posizione”.