Giovanni Spadolini era uno statista. Un uomo delle istituzioni. Nell’Italia del dopo Tangentopoli, in cui si consuma la transizione tra prima e seconda repubblica (passaggio che tra l’altro Spadolini ha sempre rinnegato, sostenendo strenuamente che la repubblica fosse una soltanto, la medesima), quelli come lui vengono chiamati, in spregio, i professionisti della politica dai parvenu dell’epoca. Professionisti della politica che tra l’altro, pur sparendo, almeno per la maggior parte, verranno rifuggiti da tutti i neonati movimenti e partiti che si succederanno negli anni a seguire, fino ad oggi, come stigmate del nuovo che avanza.
La realtà è che quei professionisti della politica oggi farebbero tanto bene al nostro Paese. E non si tratta di uno sguardo nostalgico al passato, il tipico e più classico “si stava meglio quando si stava peggio”, tutt’altro. Piuttosto è la presa di coscienza, a distanza di trenta anni da quel passaggio epocale, che per fare politica bisogna essere capaci di fare politica. Che anche per sporcarsi le mani, perché occuparsi della cosa pubblica non può prescindere dal sapersi destreggiare anche nelle situazioni più scomode e persino sconvenienti, occorre essere uomini e donne con un background di un certo tipo. Bisogna essere persone di spessore, di cultura, retti, con dei valori, con le proprie idee e convinzioni. Magari non tutte giuste, magari non tutte condivisibili, ma se sono le tue e ne sei convinto portatore, non potrai mai non essere credibile.
Spadolini, il giornalista e il docente universitario
Giovanni Spadolini era in primi un giornalista. Direttore de La voce repubblicana e successivamente del Corriere della sera e Il Resto del carlino. Non propriamente giornali di centro ma il suo orientamento politico non intaccava minimamente la sua credibilità. Conosceva perfettamente il lavoro del divulgatore e le regole auree che distinguono fatti e opinioni. Nel giornalismo solo leciti entrambi, basta che siano riconoscibili per il lettore, che non si spacci l’una per l’altra.
Spadolini era un docente universitario. Uno di quelli, rivela Cosimo Ceccutti, suo allievo prediletto e oggi presidente della Fondazione Spadolini, in un documentario che potete trovare su Youtube, che non ammetteva gli studenti all’esame se non si presentavano con una giacca indosso. Uno studioso, uno che quando ha lasciato questa terra, ha lasciato alla sua città, Firenze, una eredità di 110.000 libri. Solo a Pian de’ Giullari, quello che era il suo buen retiro e oggi sede del centro culturale che porta il suo nome, sono ben 40.000 i volumi conservati.

Spadolini, il politico
Era però soprattutto un politico all’avanguardia, un visionario. Tanto visionario, da volere fortemente e tenere a battesimo, il 21 dicembre 1974 il Ministero dei beni culturali, di cui è stato il primo ministro della storia italiana. Divenuto segretario del Partito repubblicano nel 1979, è stato capace di prendere in mano le sorti del Paese in un momento storicamente molto difficile, quando nel 1981, dopo la caduta del governo Forlani a seguito dello scandalo P2, diviene il primo Presidente del consiglio non appartenente all’area democristiana, che fino a quel momento aveva monopolizzato Palazzo Chigi.
Fu il primo governo del Pentapartito, “larghe intese” che nacquero con la benedizione della DC, i cui consensi erano in calo, e composto oltre che dai democristiani da PSI, PLI, PRI e PSDI che partorì sette governi in dieci anni, con lo scopo di scongiurare il “pericolo comunista”. Nella sua carriera politica Spadolini ricoprirà tutti i ruoli più importanti: senatore, ministro, Presidente del consiglio e nel 1992, dopo le dimissioni di Francesco Cossiga, quale Presidente del senato e seconda carica carico dello stato, per un mese fa le veci del Presidente della repubblica, fino all’elezione di Scalfaro.
Spadolini a Brugherio
Nel 1984 Giovanni Spadolini è Ministro della difesa. A Brugherio un giovane assessore alla cultura, Roberto Pirruccio, vuole celebrare il bicentenario del primo volo umano avvenuto in territorio italiano, effettuato dal conte Andreani, che con la sua mongolfiera prese il volo da Moncucco di Brugherio, il 13 marzo 1784. Pirruccio, per onorare la meglio l’importante ricorrenza e non privo di velleità, fece pervenire un invito al Presidente Pertini, che però non declina a causa di impegni istruzionali irrinunciabili.
Pertini però non lascia cadere nel vuoto l’invito e risponde che il Ministro Spadolini sarebbe molto interessato a partecipare. Così nella primavera del 1984, davanti a un pubblico numerosissimo, alle telecamere del TG3, alle autorità cittadine e al Ministro Spadolini, Roberto Pirruccio e Piero Porati, colui che deteneva il brevetto di pilota di mongolfiera numero 1, si levano al cielo dal parco di Villa Fiorita, sul loro aerostato 200 anni dopo Paolo Andreani.



La celebrazione di quella giornata speciale
Sabato12 aprile, 41 anni dopo, presso la sala consiliare del comune, si è tenuta una rievocazione di quella giornata con foto e filmati dell’epoca. Un evento organizzato da ACU Brugherio e presentata dal giornalista Claudio Pollastri. Tra gli ospiti che hanno presenziato a questo omaggio al politico e all’uomo Spadolini, c’erano le nipoti Benedetta e Donata, quest’ultima impegnata nella Fondazione Giovanni Spadolini Nuova Antologia, i rappresentanti della Compagnia della mongolfiera con l’ex assessore Pirruccio in testa, lo storico Giuseppe Sardi, il giornalista Giancarlo Perego e Umberto Voltolina, “cognato giovane” di Pertini e il segretario regionale lombardo del Partito Repubblicano, Valerio Antonelli.
C’erano anche ospiti curiosi, come il nipote di Alessandro Volta e il portavoce del Dalai Lama. A presenziare ed aprire l’incontro naturalmente il sindaco Roberto Assi. Presente anche la vicesindaca Mariele Benzi. L’evento ha avuto anche due parentesi musicali: in avvio con l’inno di Mameli cantato dai bambini della scuola di musica e diretti dal Maestro Roberto Caliò, in chiusura dei lavori invece è stato un altro Maestro, il tenore Rodolfo Maria Gordini, a cantare dal vivo il brano “Un amore così grande”.







