Due figure, Roberto Vannacci e Ilaria Salis, saranno entrambe catalizzatrici l’8 e il 9 giugno in occasione della decima tornata elettorale per il Parlamento europeo, con il primo voto popolare risalente al 1979. Queste elezioni saranno le prime dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.
Le discussioni vengono dominante soprattutto dalle controverse candidature dei due, spingendo a profonde riflesisoni sullo stato attuale della politica europea.
Vannacci: il Generale della polemica
La candidatura di Roberto Vannacci, annunciata da Matteo Salvini in un contesto infuocato di polemiche sulla Liberazione e scontri di piazza il 25 aprile, ha suscitato reazioni contrastanti.
Accolto a braccia aperte perché, ha spiegato Salvini al Corriere della Sera, Vannacci è un valore aggiunto: “Ha difeso e servito l’Italia nel mondo in Iraq e Afghanistan, altri candidano una persona che è in carcere.”
Più della stoccata a Verdi e Sinistra che porteranno all’Europarlamento Ilaria Salis, stupisce però la reazione interna alla Lega al nome di Vannacci.
La candidatura di Ilaria Salis
Ilaria Salis in prigione in Ungheria perché avrebbe partecipato a una violentissima aggressione a Budapest da parte del suo gruppo di appartenenza di militanti antifascisti (la Banda del martello) contro due militanti di estrema destra, è la perfetta antagonista del generale.
Alla fine, Avs, dopo che la leader del Pd Elly Schlein ha dovuto rinunciare a candidarla per mal di pancia vari tra i dem, ha deciso di farla correre come capolista alle Europee dell’8-9 giugno.
Riflessioni sulla democrazia
Il dibattito su queste controverse candidature ha aperto un discorso più ampio sulla democrazia stessa.
Il sindacalista Savino Balzano solleva la questione se siamo davvero in un sistema democratico dove la libertà di espressione è garantita, questa la sua riflessione “Vannacci non mi piace, ma gli va riconosciuto il merito di dire con coraggio le cose che tanti pensano. Il clamore per il Generale nasce come reazione al politicamente corretto. Se serve coraggio per dire determinate cose, evidentemente non siamo davvero in una democrazia compiuta. “