“Chi nega che al giorno d’oggi ci sia il patriarcato o mente, ed è forse questa l’ipotesi da privilegiare, oppure ne è talmente immerso da non vederlo più”
A parlare è la psicologa forense e criminologa Roberta Bruzzone, ospite a Brugherio venerdì 6 dicembre. Si è trattato del primo dei 5 incontri intitolati “Quando l’amore diventa una trappola”, che la vede protagonista nell’ambito delle iniziative organizzate dall’assessorato alla cultura in tema di prevenzione e contrasto alla violenza di genere. Il prossimo è in programma il 10 gennaio 2025.
La tesi di Bruzzone è chiara: siamo cresciuti e viviamo tutti in un contesto patriarcale che ci ha fatto interiorizzare molti modi di pensare stereotipici legati al genere. Riconoscere che le cose stanno così è il primo passo verso la prevenzione della violenza, che di questi stereotipi si nutre. “Incontri come questo sono fondamentali per imparare a riconoscere questi fenomeni“
Prosegue la dottoressa “Probabilmente qualcuno è ancora convinto che inasprire le pene ancora di più porti davvero a qualche risultato. Ma la nostra normativa è tra le migliori, anche per quanto riguarda la severità delle sanzioni. La problematica non può essere affrontata solo con il contrasto: quando arriviamo davanti a un carabiniere o a un giudice è già tardi. Quello che doveva succedere è già successo. Ha ragione Gino Cecchettin quando dice che l’ergastolo restituisce la gravità dell’accaduto, ma che in realtà abbiamo perso tutti. Perché sua figlia Giulia non torna più indietro“.
Bruzzone: i dati parlano chiaro
Dunque, a supporto della tesi della pervasività dei disvalori patriarcali, Bruzzone espone alcuni dati al pubblico, basati su interviste a uomini e donne dai 16 ai 65 anni, appartenenti a diversi strati socio-culturali e provenienti da diverse zone d’Italia. Ne emerge che, nel 2019, il 33% degli intervistati pensa che per gli uomini sia più importante che per le donne avere successo nel lavoro; per il 31,5% gli uomini sono meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche; per il 28% è l’uomo a dover provvedere alle necessità economiche della famiglia; per l’8,8% spetta all’uomo prendere le decisioni più importanti in ambito familiare.
Nel 2023, il 40% della popolazione intervistata sosteneva che una donna sia in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole. Non solo, come riferisce la stessa dottoressa Bruzzone “Quattro persone su dieci credono che una donna non possa essere stuprata”, mentre il 24% pensa che la donna possa provocare la violenza sessuale con il proprio modo di vestire “Non indurre in tentazione, giusto?” ironizza la criminologa. Il 15% è persino convinto che una donna sotto l’effetto di alcol o sostanze stupefacenti sia in parte corresponsabile della violenza sessuale che subisce.
E ancora, sempre nel 2023, tre donne su quattro sono d’accordo sul fatto che sia l’uomo a dover mantenere la famiglia; per il 30% delle donne è ancora naturale che l’ultima parola l’abbia il padre, il fratello o il marito.
“Il problema è molto grande e non riguarda solo gli uomini, ma riguarda la mente di ciascuno di noi: ciò che abbiamo assorbito e ciò che individuiamo come parametri da soddisfare per sentirci adeguati”
il caso Novello, premiata perché subalterna
E l’esempio classico è la pressione a mantenere un aspetto fisico di un certo tipo che colpisce le donne in misura enormemente maggiore rispetto agli uomini. Il punto è che questi modi di pensare sono così pervasivi da investire il costume: “Solo nel 2020 una donna viene premiata con la passerella di Sanremo perché fidanzata di Valentino Rossi e perché ‘ha saputo stare un passo indietro’ (Francesca Sofia Novello ndr.) – ricorda Bruzzone – Una cosa che è stata ritenuta normale, tant’è che la motivazione dietro a questa scelta è stata dichiarata esplicitamente in conferenza stampa. Ma come può essere questo un parametro per scegliere una donna per quella passerella? Premiata perché subalterna…”.
Un retroterra culturale non favorevole a cui i giovani non sono immuni. Infatti, rivela la psicologa, il 45% delle ragazze tra i 14 e i 15 anni ritiene accettabile essere controllata dal fidanzato per quanto riguarda l’abbigliamento e le amicizie da frequentare. “Che messaggio diamo a queste ragazze? Dov’è finito quello spirito rivoluzionario degli anni ‘60 e ‘70 che ci ha portato una serie di diritti che all’epoca non erano scontati?” tuona Bruzzone. “E li stiamo perdendo: è di nuovo in discussione la legge sull’aborto. Altro tema scivoloso. L’aborto è una scelta privata. Non è un abuso, né tantomeno un omicidio. È una scelta privata che donna è libera di fare”.
Il cattivo esempio della politica
La politica non è dunque da meno: “Una esponente di un partito importante (Deborah Giovanati di FdI, ndr.) ha detto una cosa secondo me spaventosa. Ha detto che per essere donne pienamente realizzate bisogna essere madri. È un parametro limitante: perché la tua vita assume valore in funzione di qualcun altro”. E ancora, sullo stesso tema: “Una senatrice (Lavinia Mennuni di FdI, ndr.) ha affermato che la maternità deve tornare ‘cool’ per le 18enni. Ma in quella fase della vita una donna dovrebbe invece pensare a costruire se stessa e la propria vita. La maternità dovrebbe essere posticipata a se, e quando, sarà una donna sarà pronta. E se non lo sarà, andrà bene lo stesso“.
Il contrasto a questi modi di pensare, soprattutto nel quotidiano, è quindi cruciale per prevenire le future violenze. La dottoressa Bruzzone lo dice in modo chiaro: si comincia da bambini. “Abbiamo impostato l’educazione di bambini e bambine in maniera diversa. Quando si entra in un negozio di giocattoli vediamo che ai bambini maschi facciamo regali su giochi avventurosi, che stimolano coraggio, intelligenza e forza. Alle bambine proponiamo un’orda di pettorine, pentoline rosa perché si pensa che il mondo femminile sia delicato e domestico“.
Un esempio, a cui se ne possono aggiungere altri, per dire che, in generale, “L’esplorazione nelle bambine è molto disincentivata”. Per cui la raccomandazione è quella di non sottrarre ai bambini e alle bambine la possibilità di esplorare, perché solo così possono trovare le risorse necessarie a una consapevolezza di sé robusta. “Sarà faticoso, perché queste scelte verranno viste negativamente: ma è la fase della rottura”, conclude la psicologa.