Vorrei tornare distanza di qualche giorno, sul caso della ormai ex consigliera comunale di Treviglio, Silvia Colombo. Non per mettere il carico sulla vicenda e sulla consigliera stessa, ma piuttosto cogliendo l’occasione per fare un ragionamento molto più ampio su quelli che sono i malanni congeniti della politica, almeno in Italia.
Giornali e social hanno ampiamente dato risalto a quanto accaduto. Riassumendo in breve: nel suo intervento nel corso dell’ultimo consiglio comunale, invitava una sua collega in gravidanza a dimettersi, (così come nel caso di malattia) perché l’impegno politico assunto rappresenterebbe, a suo modo di vedere, una priorità non procrastinabile e la mancata partecipazione alla vita politica avrebbe disatteso le aspettative e compromesso il lavoro del consiglio.
Le dimissioni e la presa di posizione del partito
Come dicevo, non voglio stigmatizzare più di quanto già fatto, la vicenda: fiumi d’inchiostro, ore di programmi e migliaia di post social hanno già avuto modo di sviscerare i fatti. Silvia Colombo ha rassegnato le dimissioni che probabilmente, come succede quasi sempre in questi casi, sono state richieste dal suo stesso partito che non potendola difendere in alcun modo, avendola sparata davvero molto, troppo grossa, l’ha accompagnata all’uscita.
Questo lo si intuisce anche dalle dichiarazioni con cui si ha dato commiato al suo incarico: infatti, oltre alle consuete accuse ai giornalisti cattivoni che hanno strumentalizzato tutta la vicenda, punta il dito anche verso il suo partito, reo di aver trattato la vicenda con superficialità (!). Ultimo guizzo stizzito che evidenzia l’amarezza e la voglia di rivalsa di chi si è sentito scaricato.
Nessun segno di redenzione da Silvia Colombo
Fatta la tara di tutti i fatti, all’appello manca un gesto, che dovrebbe essere prerogativa di chi commette un errore: l’ammissione di responsabilità e le scuse reali. Non considero i politici figure mitologiche, sono persone e come tutte le persone sono fallibili e quindi commettono errori. E scommetto che nella vita è capitato a tutti di avere la ferrea certezza di dire una cosa intelligente facendo invece una pessima figura. Non mi aspetto quindi, e perché mai dovrei farlo, che chi fa politica, a qualunque livello sia, non commetta passi falsi.
Il problema vero, secondo me, è sempre lo stesso: che l’errore, anziché essere rinnegato, attraverso pubblica ammenda e una seria presa di coscienza, sia rivendicato e difeso, peggiorando di fatto la situazione. Questa è la cosa più grave: non comprendere o peggio ancora, fare finta di non comprendere che un politico non è infallibile ed ha una responsabilità più grande, che deriva da un mandato avuto degli elettori che non consente di essere indulgente con sé stessi fino alla negazione totale dell’evidenza.
Una occasione persa per fare una cosa giusta dopo un errore
Ecco, sarebbe stato bello che seguito delle sue dichiarazioni che sono stato un calcio nel culo ad anni di lotta contro le discriminazioni sul luogo di lavoro verso le donne, o le persone malate, Silvia Colombo fosse entrata in un novero ristrettissimo di politici che hanno chiuso la porta dietro di sé ammettendo di aver sbagliato, facendo così una cosa giusta dopo una cosa sbagliata. Invece ha preferito, come quasi sempre accade e temo, accadrà anche in futuro, prendersela con tutti noi stolti, che non abbiamo capito. Ammettere di aver sbagliato e scusarsi davvero, sentitamente, dovrebbe essere avvertito come un dovere che fa parte dei comandamenti del buon politico; invece, è percepito come un segno di debolezza e siccome la realtà dei fatti prevale su quello che sarebbe il mondo ideale, tutti sappiamo, ahimè, che la debolezza non è ammessa, né in politica né in società.