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Maschile plurale: “La violenza di genere è un problema degli uomini”

Ermanno Porro e Fabio Bonacina, dell’associazione “Rete maschile plurale”, sensibilizzano sulla violenza di genere tramite le loro esperienze: dalle scuole e i ragazzi, fino agli adulti e la politica, per un futuro migliore.

Scritto da

Stefano Reccagni

Pubblicato il

7 Marzo 2025

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“Perché la violenza di genere è un problema degli uomini”. Questo il titolo dell’incontro avvenuto martedì sera presso la Casa del Popolo di Brugherio, tenuto da Ermanno Porro e Fabio Bonacina, dell’associazione: “È possibile, uomini contro ogni tipo di violenza. Rete maschile plurale” e organizzato dall’associazione Radici del Futuro. Il titolo è un’affermazione, non una domanda e per spiegare perché la violenza di genere è un problema maschile occorre ripercorrere come si è arrivati a una cultura definita “patriarcale” e a una società “maschilista”.

“Occorre capire perché la donna è vista come sensibile ed empatica, mentre l’uomo come forte e dominatore”, dice Bonacina in apertura dell’incontro.

Questioni come queste sono infatti al centro delle attività di “Uomini contro ogni tipo di violenza”. “Siamo un gruppo di persone che si trovano una volta ogni tanto e si confrontiamo su queste tematiche, che spesso riscontriamo nelle nostre vite. Trovare un gruppo di uomini che usavano del loro tempo per parlarsi è stato un salvagente per me.” -Racconta Bonacina- “Alcuni atteggiamenti di superiorità ce li abbiamo dentro, e questo parlarci non ci cambia da un giorno all’altro ma ci rende consapevoli, ci fa accorgere e questo col tempo ci fa cambiare.” Dice Bonacina.

I giovani e l’educazione


Per promuovere il confronto sulle tematiche di genere e il ruolo del maschile nella società, Rete Maschile Plurale organizza incontri nelle scuole. “Arrivare a parlare di queste tematiche con dei giovani ragazzi di 12/13 anni non è stato facile. Inizialmente cercavamo di tenere per noi quanto capivamo dalle relazioni di tutti i giorni, solo più avanti abbiamo capito l’importanza di trasmettere ciò che imparavamo e su cui ci confrontavamo.” -Inizia Porro- “La questione dei ragazzi è venuta fuori più volte nei nostri dialoghi, chiedendoci in che mondo avrebbero vissuto i nostri figli e nipoti, così abbiamo deciso di andare a parlare nelle scuole per sensibilizzare questo tema.”

Bonacini va poi nel dettaglio di quello che trasmettono ai ragazzi: “Impariamo più noi dai ragazzi che loro da noi. Parlargli non è mai facile, spesso sono affogati da stereotipi e non dobbiamo fermarci di fronte a questo. Spesso si crede che non abbiano capacità critica, la difficoltà vera sta nel tirargliela fuori. Il “conflitto” può anche essere positivo, deve esserlo in certi casi. I ragazzi sono a loro agio nel parlare con due maschi che condividono la problematica della violenza di genere con loro, solo col dialogo e l’autoconsapevolezza possiamo realmente fare qualcosa”.

Rete maschile plurale: bisogna partire da noi uomini


Porro e Bonacina si soffermano poi sulla figura dell’uomo, che raramente prende queste iniziative per sensibilizzare e conoscere su questo tema. “Perché ci avete invitati a parlarvi? Come si arriva a pensare di essere un livello sopra la figura femminile? Questa problematica divide l’uomo di destra e l’uomo di sinistra?” chiede Porro al pubblico in sala martedì. 

E riflette: “L’uomo deve prendere coscienza che molte azioni violente contro le donne sono frutto di un continuo susseguirsi nella nostra cultura. Per cambiare le nostre abitudini sbagliate dobbiamo fare un lavoro di scavo. Se vogliamo trasformare la cultura in cui viviamo dobbiamo andare alle radici della cultura…dobbiamo decostruire questa cultura e per farlo serve l’auto consapevolezza.”

Porro tratta poi questo tema nel delicato ambito politico: “Gli uomini di destra e di sinistra non sono diversi sotto questo aspetto, in quanto cresciamo e attingiamo dalle stesse fonti, dalla stessa esperienza. Noi non siamo diversi dagli altri, ma ci siamo messi in un cammino, che non vuol dire aver trovato la soluzione ma essere sulla strada della ricerca”.