sabato, Agosto 2, 2025
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Il Bologna alza la Coppa Italia: la vittoria del progetto e della continuità

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A volte la vita ti porta a storie da scrivere e da raccontare. E insieme alla storia scritta dal Bologna nella notte del 14 maggio, un po’ per caso – o per chissà quale motivo – la redazione di HeoPost a un anno esatto dal suo lancio ha avuto l’onore e l’occasione di poter raccontare ai suoi utenti, a voi, la finale di Coppa Italia tra Milan e Bologna direttamente da Roma. Il lungo avvicinamento, le conferenze stampa, fino al match dello Stadio Olimpico con il successo della squadra di Vincenzo Italiano.

La vittoria del Bologna, la storia è qui


La finale di Coppa Italia ha regalato una nuova pagina di storia alla città di Bologna e a un club ambizioso, che lo scorso anno ha fatto grandi cose, come raggiungere la Champions League. Quest’anno, se vogliamo, ha fatto addirittura meglio. La vittoria contro un Milan spento e senza identità è lo specchio del percorso di crescita del club emiliano. Una finale che mancava esattamente da 51 anni, una finale affrontata nel migliore dei modi. Con consapevolezza, spirito di sacrificio, intelligenza tattica, la forza di un popolo intero alle spalle, e tanta voglia di vincerla. Molta più dell’avversario.

La partita in sé non ha regalato grande spettacolo dal punto di vista del gioco o delle emozioni. Poche azioni pericolose, poche fasi salienti, molta attesa e senso di attenzione nel difendere il risultato cercando piuttosto di non andare sotto. I primi venti minuti del match hanno raccontato in realtà di un Milan pimpante, voglioso di trovare il vantaggio, migliore – almeno inizialmente – nell’uno contro uno. Leao spesso saltava gli uomini, lo stesso ha fatto Jimenez in un paio di occasioni. Poi l’occasione più nitida, sui piedi di Jovic. Questa volta l’uomo di coppa, l’uomo del derby in semifinale, ha trovato di fronte un monumentale Skorupski.

Da lì in avanti la partita è cambiata e il Bologna ha acquisito quella consapevolezza che l’ha portato alla vittoria. Il gol di Ndoye arriva con un’azione caotica, che nasce da un’imbucata per Orsolini. Il Milan chiude in un primo momento, ma la palla resta tra i piedi del numero 11 che salta Tomori e batte Maignan. Da lì la gioia del popolo rossoblù, e la risposta timida e nervosa di un Milan che non fa nulla, concretamente, per provare a rimettere in piedi la partita. Il resto è storia e dopo 6 minuti di recupero il fischio finale manda in paradiso, con grande merito, la squadra di Vincenzo Italiano.

Breve postilla sul tecnico del Bologna. Italiano aveva perso tre finali: due di Conference League, una di Coppa Italia, tutte sulla panchina della Fiorentina. Oggi gioisce e si toglie un grosso peso, forse sfruttando gli errori nelle finali precedenti e imparando cosa fare per invertire questa storia e alzare il trofeo.

La continuità di un progetto, la discontinuità di un altro


La vittoria del Bologna è anche la vittoria di un progetto con la P maiuscola. Un lavoro che nasce da lontano, che si corrobora nei mesi e che si concretizza non per caso. Il Bologna ha vinto non per demeriti di un Milan scarico e senza anima; il Bologna ha vinto con merito, dimostrando quanto il lavoro, fatto con cognizione di causa e unione d’intenti, e la testa in ciò che si fa, possano realmente fare la differenza.

In casa Milan è l’esatto opposto. La finale si è chiusa rappresentando probabilmente nel migliore dei modi un’annata storta per tanti motivi; una sconfitta che anche qui non arriva per caso. Una proprietà assente, una dirigenza incapace di gestire le dinamiche di questo club, un gruppo squadra che non ha mai dimostrato – appunto – di essere una squadra unita.

Il tempo ci darà nuove risposte, la cosa certa e anche quella più importante, è che Bologna festeggia. A testa alta, con merito, con lacrime di gioia.

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