Arte, cultura e spettacoli, Interviste

Anna Di Cagno presenta a Brugherio “L’anno della Garuffa”. L’intervista alla scrittrice

Anna Di Cagno ha presentato mercoledì 26 marzo il suo libro “L’anno della Garuffa” alla Rassegna Letteraria a Brugherio presso Bacco, locale in Via Cavour, 1

Scritto da

Samuele Vinci

Pubblicato il

28 Marzo 2025

Condividi

L’anno della Garuffa è un romanzo scritto da Anna Di Cagno che con un piccolo viaggio nel tempo ci riporta a marzo 1978. Lo stesso giorno in cui viene rapito Aldo Moro, il 16 marzo, in un paese imprecisato del Sud Italia (si parla di una località in mano ai contrabbandieri di sigarette e alla speculazione edilizia), si assiste al sequestro di Luca Barnaba, figlio di un noto imprenditore.

La protagonista è Monica Traversa, giovane adolescente e figlia di amici della famiglia Barnaba. Monica si trova di fatto nel bel mezzo di questa vicenda e cerca di capire cosa si nasconde dietro al “palcoscenico borghese” che rappresenta il mondo in cui vive. Un mondo tutt’altro che perfetto, dove gli adulti fanno di tutto con la loro ipocrisia per occultare la verità.

L’intervista ad Anna Di Cagno

La redazione di HeoPost ha avuto il piacere di intervistare in esclusiva l’autrice del romanzo, che ci ha parlato del delicato significato del libro, fornendo un punto di vista più ampio non soltanto sul titolo stesso che richiama La Garuffa, una complicata mossa nel gioco del biliardo, ma anche sulle storie intrecciate, il ruolo dei personaggi e la forza della stampa quando crede nella verità.

Luca Barnaba e Monica sono i protagonisti principali del tuo romanzo. Come hai sviluppato i loro personaggi e cosa rappresentano per te nella narrazione della storia?

“Monica è la voce narrante della storia, quindi a lei ho dedicato molta attenzione per costruirle un linguaggio adatto alla sua età, 13 anni, e alla sua generazione. Siamo nel 1978 e tutto era molto diverso da oggi per una ragazzina: non c’erano reel e tutorial in grado di spiegarti nulla. A quell’epoca, se avessi voluto preparare una torta, avresti dovuto chiedere o guardare cosa facesse un adulto e poi provarci! Ed è quello che in qualche modo fa lei: guarda, chiede e poi prova a capire cosa sta succedendo nel suo piccolo mondo. Luca è invece un personaggio che non ha una voce, neanche si vede nel romanzo, è il simbolo dell’innocenza sacrificata dalla spregiudicatezza degli adulti”.

Nel libro, il rapimento di Aldo Moro e quello di Luca Barnaba si intrecciano. Qual è il significato simbolico di questo parallelismo tra un evento storico e una vicenda personale così drammatica?

“Volevo tracciare un ponte tra i grandi eventi della Storia e le piccole miserie umane che verranno dimenticante. Nello specifico del romanzo m’interessava mostrare che anche dove gli Anni di Piombo non sono arrivati, la fiducia nel mondo dei “grandi” si è persa. Pur essendo una giornalista non mi sono mai occupata di politica, il caso Moro per me è prima che un “fatto” una tragedia dall’alto valore simbolico. Credo nel 1978 si sia rotto qualcosa nel nostro Paese, si sia definitivamente spezzato un patto di fiducia tra cittadini e politica”.

“L’anno della Garuffa” richiama un po’ il gioco di biliardo, ma possiamo dire che è anche una metafora della vita. Cosa rappresenta esattamente la Garuffa per te e per l’evoluzione dei personaggi?

“Il biliardo è l’esempio classico che i professori usano a scuola per spiegare il principio di causa-effetto, è quindi il gioco logico per eccellenza. Ma è un gioco, e quindi come la vita ti devi aspettare tiri a effetto che invertono l’ordine delle cose.

Monica lo capisce guardando come si comportano gli adulti che non sempre seguono questa legge della fisica. Lei però, per non perdersi come loro, si attacca alla logica come a una zattera di salvataggio e diventa adulta nel momento in cui capisce che si può alterare il corso prevedibile di una biglia, come avviene nella garuffa, ma è solo tiro a effetto. Nel gioco della vita, invece, restano fondamentali le leggi della fisica per darti la giusta direzione”. 

Il personaggio di Monica intraprende un percorso di “scoperta della verità” con l’aiuto di una giornalista. Quanto pensi che il giornalismo in generale e la ricerca della verità, dettata anche dalla libertà di stampa, siano ancora oggi punti cruciali per la società?

“Oggi sono più cruciali di sempre. Negli anni in cui si svolge L’anno della garuffa la politica invadeva con molta prepotenza la libertà di stampa, c’erano giornali di partito e media filogovernativi indipendentemente dal governo in carica. Ognuno raccontava i fatti da una precisa angolatura, ma tu lettore lo sapevi e potevi difenderti. Ti bastava comprare un paio di quotidiani di diverso orientamento politico e ti facevi un’idea. Non si parlava di fake news non perché il mondo fosse più bello e buono, ma perché non esistevano tecnologie in grado di produrre bufale credibili. Oggi con l’AI possiamo fare tutto, e la tragedia è che possono farlo anche i politici come ci ha dimostrato Donald Trump con quel video su Gaza”.

Ti va di darci un tuo punto di vista sul rapporto tra giovani e adulti: secondo te qualcosa è cambiato negli anni?

“Io credo che oggi, nonostante quel che ci dicano da ogni parte, le cose siano molto migliorate: io vedo una nuova generazione di ragazzi molto migliore della mia e una generazione di genitori più attenta aperta al dialogo. Questa è un’opportunità se ognuno però sta nel suo ruolo e il dialogo resta un confronto, un disastro se invece ci si dimentica chi è l’adulto e chi è il giovane e si inverte quello che è un necessario passaggio di consegne tra le generazioni”.

Pensi che le nuove generazioni possano imparare qualcosa da temi come quelli trattati nel tuo libro, soprattutto in relazione a valori come la giustizia, la verità e il cambiamento sociale?

“Mi piacerebbe molto. Io spero che il mio romanzo finisca in mano ai ragazzi e possa servire innanzitutto a ricordare: abbiamo un passato recente di violenza e tensioni sociali terribili, il Terrorismo è stata una guerra civile in buona parte del nostro Paese. Giustizia, verità e cambiamento – personale e quindi anche sociale – sono poi i pilastri della vita di ogni persona. E aggiungerei anche libertà intesa in primo luogo come esercizio del pensiero autonomo. La grande sfida di Monica è capire il mondo e capire sé stessa, riuscire a costruire dentro di sé quella che Immanuel Kant chiama “la legge morale”. È questo che ci distingue dal mondo animale ed è questo il motivo per il quale l’uomo, inteso come specie umana, ha bisogno di libri, musica, arte mentre agli scimpanzé bastano le banane”.