Alberto, viene da me a 7 anni, il motivo principale, mi racconta la madre, è che Alba è un bimbo vittima di bullismo, molto sensibile, estremamente educato e con scarsissima fiducia in sé stesso. Sperava che iscrivendolo ad uno sport come DIFESA potesse aumentargli un po’ l’autostima, anche se lui vorrebbe fare calcio o basket ma non è riuscito nemmeno a superare la lezione di prova. Ha paura del confronto co gli altri ragazzi, di ricevere spintonate e farsi male, inoltre è convinto di non essere in grado.
Benissimo, tutto chiaro, niente di anomalo, ahimè tutto nella norma, sono in tanti come lui. Tranquillizzo la madre e dopo averla congedata iniziamo la nostra lezione di prova. Noto immediatamente l’agilità innata di Alberto, che lui però non vede, è un continuo dire frasi come
“Ma io questo non lo so fare, non sono capace” oppure il classico “io non ce la farò mai“
Se avessi ricevuto anche solo un euro per ogni volta che ho sentito dire queste frasi, sarei milionaria. Ammonisco Alberto, cosi come faccio sempre con ogni altro bambino che utilizza queste frasi, obbligandolo ad aggiungere la parola ANCORA: io questo non lo so ANCORA fare.
Alberto, vittima di bullismo
Dopo un paio di mesi, mi rapporto con la madre, Alberto è sicuramente migliorato ma l’obiettivo è ancora lontano. Mi racconta che proprio quel giorno quando è andata a prenderlo a scuola lo ha trovato di nuovo in lacrime. C’è un compagno di classe che lo bullizza costantemente da due anni e la cosa è in evoluzione in quanto in certe occasione questo bulletto viene accompagnato dal suo gruppo di gregari e Alberto ha sempre la peggio. Se prima erano semplici parole di scherno adesso sono diventate insulti e spintoni.
Ovviamente, è così che si muovono i bulli, scelgono la vittima tra le persone più deboli con cui si imbattono, in quanto devono essere sicuri che il soggetto sia predisposto alla sottomissione e alla paura di reagire, muovendosi rigorosamente in branco: uniti ci si sente più forti, ed è esattamente ciò che spiego ad Alba quel giorno.
Giorno in cui ha inizio il suo percorso, volto ad allenare le sue capacità atletiche che gli dimostrano che non ci sono allenamenti segreti per imparare a fare determinate cose, ma che l’allenamento in sè è il segreto, per questo era importante anche allenarsi a non avere più paura della paura, a prevedere in anticipo situazioni di violenza e imparare eventualmente a difendersi.
Il primo anno di lezioni contro il bullismo
Organizzo quindi delle lezioni con simulazioni, insieme ai compagni ricreiamo le situazioni di disagio causato dal bullismo a cui Alberto è sottoposto e le analizziamo insieme, cosi da capire come prevederle e come agire. Il primo anno lo abbiamo concluso sufficientemente bene, ha iniziato a portare nel suo quotidiano lo stesso. Atteggiamento un po’ più sicuro che ha in palestra, ci salutiamo in virtù delle vacanze estive, tutti soddisfatti dei miglioramenti ottenuti ma anche pienamente consapevoli che il suo percorso non è concluso.
All’inizio della stagione sportiva successiva, mentre sono li ad accogliere vecchi e nuovi iscritti, varca la soglia questo ragazzino di quasi 8 anni, con lo zaino monospalla e un atteggiamento sicuro, testa alta e petto in fuori. Appoggia ordinatamente le sue cose e mi saluta con un gran sorriso che non gli avevo ancora mai visto, guardo la mamma di Alberto con faccia interrogativa e con lo stesso sorriso del figlio si avvicina e mi dice che ha iniziato la scuola con questo spirito, immediatamente recepito anche dalla sua insegnante, tanto da dichiararlo un altro bambino.
Un altro Alberto
Era un altro bambino rispetto all’anno precedente, quell’ambiente sportivo che tanto lo terrorizzava ora era il suo terreno sicuro, era tranquillo e con tanta voglia di ricominciare a imparare. Si dedicava ad altri bimbi per insegnargli le cose che lui già sapeva e spesso veniva a chiedermi consigli su come meglio praticare un esercizio, si impegnava tantissimo, aveva una luce diversa in quegli occhi che finalmente sorridevano di serenità.
Un pomeriggio, Alberto entra in palestra, correndo e saltando, mi ha rivolto un sorriso accecante ed ha raggiunto i compagni che lo attendevano esaltati, alcuni si complimentavano, altri chiedevano il racconto dettagliato sulla dinamica degli eventi di quella mattina a scuola, io, non capendo, chiedo alla madre che viene verso di me e mi dice: ha affrontato il suo bulletto Tania!
Dichiaro il via alla lezione, e ascolto il rapido racconto della madre ma appena rimasti soli fermo il gruppo e chiedo anche io di sapere da lui la dinamica dei fatti, era felicissimo e gasatissimo, mi dice che non credeva ci sarebbe mai riuscito, ma l’ha fatto, è successo davvero.
Il racconto
Ci racconta che quella mattina ha costantemente osservato ogni mossa del suo antagonista, perché sentiva che stava cercando l’occasione per infastidirlo. Dice che è riuscito a prevendere diverse situazioni quel giorno che l’anno portato ad evitare il peggio, era diventato bravo in questo, però si era anche reso conto che non poteva nemmeno andare avanti cosi, doveva porre fine a quella situazione.
Dice che ad un certo punto una loro compagna si è sentita poco bene e la maestra è stata costretta ad abbandonare la classe il tempo necessario per accompagnare la bambina dal collaboratore scolastico per avvisare la famiglia. Già questo lo aveva messo in allarme.
Poi, rivela di aver notato uno dei gregari del bulletto correre verso la porta e guardare fuori, “ci siamo!” ha pensato, notando il compagno avvicinarsi cauto al suo banco. Cosi decise che era arrivato il momento e senza nemmeno rendersene pienamente conto, si è alzato di scatto dalla sedia facendo molto rumore, lo ha guardato fisso negli occhi e poi ha urlato, con tutto il fiato che aveva in corpo, gli ha urlato contro di smetterla, di lasciarlo in pace perché non ne poteva proprio più.
Un grido d’aiuto contro il bullismo
Urlò così forte da prendere in contropiede il suo compagno e da obbligare la maestra ad accorrere tempestivamente, decidendo di portare la problematica davanti ai genitori di entrambi quel giorno stesso per risolvere la questione una volta per tutte. Una cosa di cui Alberto e la madre lamentavano sempre è che ogni volta che subiva un atto di bullismo a scuola, le maestre non erano mai presenti.
Ho spiegato loro che in realtà non era colpa dell’insegnate, era il compagno che stava ben attento a compiere le sue malefatte nella sicurezza di non essere visto, era ovvio che non facesse quelle cose davanti ai docenti, altrimenti avrebbe pagato le conseguenze. In quell’occasione avevo suggerito ad Alba di gridare, cosi non solo avrebbe attirato l’attenzione degli insegnati, ma avrebbe anche ottenuto di non esser più preso di mira, nessuno sopporta le persone che urlano, l’urlo destabilizza, infastidisce, in qualunque situazione, a qualunque età. Se ci si trova in un luogo apparentemente isolato, allora bisogna gridare AIUTO aggiungendo tassativamente la parola AL FUOCO! Ma questa è un’altra storia…
Alberto, tre anni dopo
Questo è il terzo anno che Alberto è un mio allievo, e se dovessi ricominciare il racconto di questa storia, inizierei cosi:
Alberto ha 9 anni, secondo genito di una famiglia presente, è un bambino allegro, con una buona dose di autostima, altruista e generoso, simpatico e atletico, consapevole di queste sue qualità riesce a riconoscere i propri limiti trasformandoli in una nuova sfida da superare, si allena costantemente per raggiungere i suoi obiettivi e se individua un compagno con difficoltà a fare questo si dedica anima e cuore per aiutarlo a superare le sue paure.
E’ un bimbo fantastico, ogni tanto capita che d’innanzi ad una nuova sfida si incupisca, ma gli basta darmi uno sguardo e si rimette subito in carreggiata ricordandosi ad altra voce: non lo so ANCORA fare, ma lo farò! E in effetti poi ce la fa.
Una parola può cambiare drasticamente la vita
Una parola soltanto, ha la capacità di ferire come un’arma, o di svoltare positivamente la visione distorta di un problema, o di cambiare in meglio la giornata di qualcuno. Per Alberto, come per tantissimi altri bambini, aggiungere la parola ANCORA, alla frase NON SONO CAPACE ha contribuito ad un cambiamento positivo radicale, inserito nei diversi ambiti sociali, non solo nel limite del contesto sportivo.
Aver provato personalmente la reale possibilità di eliminare il problema del bullismo che subiva, senza utilizzare la violenza a sua volta, grazie a questo cambiamento e ad un semplicissimo urlo, lo ha reso il supereroe di sé stesso, da qui la gran voglia di espandere questa rivelazione ad altri bambini costretti ad essere quello che era lui, vuole che comprendano che E’ POSSIBILE gestire la paura e far terminare degli atti di bullismo, gestire il panico e l’ansia con tecniche ben precise e rendere reale il sogno di andare a scuola senza la paura di cosa gli potrà succedere quel giorno.
E per me, che sono colei che gli ha insegnato come raggiungere questo risultato, non è solo appagante dal punto di vista lavorativo, è felicità, palpabile felicità nella piena consapevolezza di aver contribuito al suo benessere per tutta la vita.
Si parla spesso di quanto noi insegnati possiamo e riusciamo a fare per questi ragazzi, ma temo non si parli mai a sufficienza di quanto LORO riescono a fare per NOI.