mercoledì, Settembre 24, 2025
HomeSportL'epopea di Imane Khelif. Le false voci sul ritiro e il ricorso...

L’epopea di Imane Khelif. Le false voci sul ritiro e il ricorso contro il test biologico del sesso

- Pubblicità -

Per l’ennesima volta ci hanno provato. E per l’ennesima volta non ci sono riusciti. Il pugilato è una costante lotta, è schivare, tirare un gancio con la destra e poi un uppercut con la sinistra. Si deve mandare ko l’avversario. È sopravvivenza.

Imane Khelif sa benissimo cosa significhi. Lei che, scesa dal ring delle Olimpiadi di Parigi 2024 con un oro al collo nella categoria 66kg, ha dovuto tralasciare le ferite del corpo per curare quelle interiori. Quelle che si sono create perché non la volevano lassù, a combattere. Quando era un suo diritto.

Dopo i Giochi Olimpici, nonostante il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), attraverso la Boxing Unit, l’ente responsabile per garantire il rispetto delle norme di ammissibilità per gli atleti partecipanti, avesse dichiarato: «Tutti gli atleti partecipanti rispettano le norme mediche, di ammissibilità e di iscrizione alla competizione. Queste regole sono state applicate anche durante il periodo di qualificazione». Casus belli era stato il ritiro e quindi la sconfitta, dopo meno di un minuto, della pugile azzurra Angela Carini, cui erano seguite polemiche e dubbi, totalmente infondati, sulla partecipazione della stessa Khelif definita erroneamente, da molti politici e opinionisti di destra, una donna trans e che quindi non dovesse gareggiare. Il tutto senza prove e senza consapevolezza dei termini utilizzati. Quando in realtà, per un fattore puramente genetico, fa parte di quelle donne che producono in maniera del tutto naturale una quantità di testosterone superiore alla media.

Nonostante tutto, aveva vinto. Nonostante, già nel 2023, la sua esclusione ai Mondiali di boxe fosse poco chiara. Una storia che si ripete e che si è ripetuta anche nel 2025. A maggio, infatti, la Federazione di pugilato mondiale (la World Boxing) ha imposto dei test per la verifica del sesso biologico. Test mai richiesti prima d’ora e con l’obiettivo di colpirla, ancora una volta. Ma l’atleta algerina non si è piegata, non ha porto l’altra guancia. Anzi. Il 5 agosto scorso ha presentato ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS), chiedendo di essere ammessa ai campionati senza effettuare il test. Il TAS ha però rifiutato di sospendere l’esecuzione della decisione di World Boxing fino all’udienza del caso.

La speranza, si dice, è l’ultima a morire. Eppure, la campagna d’odio e diffamazione nei confronti di questa atleta continua. Ci provano e ci riprovano a mandarla al tappeto, anche facendo girare la voce di un suo ritiro per colpirla ancora più violentemente: «Si diffondono voci del genere solo per sconvolgere e insultare la mia carriera atletica e professionale. Rimarrò sempre fedele allo sport della boxe e alla mia terra d’origine, l’Algeria, e questa falsa notizia non mi scoraggerà dal continuare a difendere e onorare i colori del mio paese» ha scritto sui suoi social ad agosto 2025.

In attesa di una sentenza che possa rendere vera giustizia e non seguire una propaganda che porta solo intolleranza, ipocrisie e ignoranza, Imane Khelif prosegue per la sua strada, verso i diritti e quello sport che tanto ama: la boxe.

TI POTREBBERO INTERESSARE...
- Pubblicità -
- Advertisment -

I più letti

- Advertisment -