Interviste

Un brugherese ad Amazon, Giorgio Busnelli Country Manager Italia

Abbiamo intervistato Giorgio Busnelli, Country Manager Italia di Amazon, Nato e cresciuto a Brugherio, nonostante la vita professionale lo abbia portato a viaggiare molto, resta molto legato alla proprie origini

Scritto da

Gius Di Girolamo

Pubblicato il

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Lui è un figlio della città di Brugherio. Letteralmente, non per modo di dire. Nato all’ombra delle brughiere e cresciuto al sole del campetto dell’orario San Giuseppe, che definisce molto formativo, oggi occupa una posizione di estremo rilievo in una delle big tech company, probabilmente quella per eccellenza, quella che non si proietta al futuro, mal lo determina. Stiamo parlando di Giorgio Busnelli, in Amazon dal 2017 e recente assurto al ruolo di Country Manger per l’Italia.

E nonostante occupi questo importante ruolo nella sua vita professionale, Busnelli resta fortemente legato alle sue origini, sia territoriali che affettive, ammettendo di sentirsi di un uomo fortunato, anche se probabilmente la fortuna centra fino un certo punto. Con lui abbiamo affrontato alcuni temi che periodicamente scaldano giornali e opinione pubblica, perché mai come nell’era post covid, in epoca recente, il mondo del lavoro sta subendo, o forse sarebbe meglio dire adottando, profondi cambiamenti, una vera transizione professionale.

L’intervista


Buongiorno Busnelli. Ci racconta del suo percorso professionale, partendo dai suoi studi fino ad arrivare ad Amazon?

Ho studiato discipline economiche sociali alla Università Bocconi, originariamente volevo fare il professore di economia. Verso la fine della mia carriera universitaria mi ha chiamato McKinsey &Co. che mi ha proposto uno stage e poi sono rimasto con loro per 17 anni, nel corso dei quali ho anche frequentato un master in business administration. Poi nel 2017 sono passato ad Amazon, ho cominciato come direttore delle categorie media, quindi libri musica, film e videogiochi per l’Italia e la Spagna. In seguito, dal 2022, ho assunto il ruolo che ricopro attualmente, ovvero guido il business beni di largo consumo per l’Europa in dieci paesi e da pochissimo sono stato nominato Country manager per l’Italia

È soddisfatto sul suo percorso professionale?

Non potrei essere più felice, ho avuto l’opportunità di vedere tantissime cose diverse, tantissimi paesi del mondo, lavorando con colleghi brillanti. Sono onorato e benedetto, per aver avuto un percorso così bello, entusiasmante e sfidante.

Quai sono i ricordi che più la legano alla città di Brugherio?

A Brugherio in realtà ci vengo spesso, mi considero un brugherese doc anche se il lavoro mi porta a viaggiare. Ho vissuto a Brugherio dalla nascita fino agli studi, ho trascorso molta della mia infanzia all’oratorio San Giuseppe, un posto fantastico, per me molto formativo. Ora vivo a Milano, ma i miei parenti e i miei amici più cari, quelli fraterni, sono tutti a Brugherio.

Le persone che la conoscono da tempo la definisco un uomo molto brillante, lei come si descriverebbe?

Ho sempre cercato di fare del mio meglio. I miei genitori mi hanno trasmesso il senso di umiltà e senso del dovere, ho sempre cercato di fare quello che dovevo fare, senza stressarmi troppo pensando al futuro. E penso di essere fortunato, perché la vita mi ha dato molto di più di quello che avrei immaginato.

Amazon, da sempre proiettata al futuro, ha deciso di invertire la rotta e tornare al lavoro in presenza. Quali sono state le ragioni?

La cosa che rende Amazon un’azienda speciale è la cultura. Abbiamo una cultura peculiare, che si può sintetizzare in queste caratteristiche: la customer obsession e la mentalità del day one. Cosa significa day one? Significa che nonostante la nostra sia una azienda molto grande, cerchiamo di vivere ogni giorno con lo spirito imprenditoriale di una start up, quindi, come se fosse il nostro primo giorno. Ci siamo resi conto che per continuare a perseguire quelle che sono le caratteristiche che ci distinguono, è importante essere presenti fisicamente in ufficio, perché è il modo migliore che abbiamo per apprendere e diffondere la cultura, per condividere informazioni, per collaborare, inventare cose nuove. Non è una scelta che abbiamo preso a cuor leggero, perché certamente ha tutta una serie di implicazioni, ma siamo convinti che sia la scelta giusta.

Quali sono state le reazioni al vostro interno?

Vi è stata qualche speculazione sui giornali ma al nostro interno non abbiamo ravvisato segnali allarmanti. In Italia occupiamo circa 19.000 persone con contratto a tempo indeterminato, siamo una delle aziende che ha creato più posti di lavoro negli ultimi 15 anni. Ovviamente è una notizia che richiede un periodo di adattamento, ma ci sarà comunque flessibilità, come era prima del covid.

Sulla base di questa scelta, come vede l’evoluzione del lavoro, soprattutto delle condizioni in cui il lavoro viene svolto, per la classe media?

Penso che convivranno diversi modelli. Non credo che tutte le aziende adotteranno un modello totalmente in presenza, così come non credo che altre adotteranno un modello totalmente virtuale. Ogni azienda sceglierà il modello migliore per sé, sulla base del tipo di lavoro, del ciclo di vita e della cultura aziendale. Pensiamo che per noi questo sia il modello che funziona meglio, ma non crediamo che debba per forza essere replicato da altri. In ogni caso non abbiamo idee preconcette, siamo sempre in ascolto di quello che accade. Quello che cambierà di più il lavoro nel futuro non sarà credo la presenza o meno dei dipendenti negli uffici, ma i trend tecnologici e nella fattispecie l’intelligenza artificiale, in particolare quella generativa.

Ci renderà più produttivi, si occuperà di lavori ripetitivi che potranno essere affidati alle macchine e abbatterà il costo di tutta una serie attività, creando nuovi posti lavoro. Sì, perché non è assolutamente vero che soppianterà l’uomo: ci affiancherà e ci aiuterà a lavorare meglio. Tanto è vero che abbiamo aperto un innovation lab, per un investimento di 700 milioni di euro. Ce ne sono tre al mondo e l’unico che non si trova negli Usa è proprio in Italia, a Vercelli. Abbiamo attratto scienziati e ingegneri da tutto il mondo che studiano su innovazione, in particolare sulla robotica. E mentre lavoriamo sulla robotica, abbiamo creato 700 nuove figure professionali.

Ma oltre a nuovi posti di lavoro, avremo meno ore di lavoro?

Non saprei onestamente, non vorrei fare previsioni in questo senso. Quello che posso dire è che le persone non si dedicheranno ad attività ripetitive, ma potranno fornire un maggiore valore aggiunto dedicandosi ad attività più strategiche e distintive. Ed è in questo modo che saremo più produttivi a parità di ore lavorate.

I vostri business riguardano e-commerce, intrattenimento, logistica e cloud. Mai pensato al settore auto?

Ci sono state molte esperienze con sorti alterne di altri soggetti che hanno provato a cimentarsi nell’ automotive. C’è stato qualche esperimento con Hyundai negli Stati Uniti, ma al momento è un business che non abbiamo ancora scalato. Ci sono alcuni punti di domanda sulla fattibilità, stiamo studiando.

Allora dove focalizzerete il business per il futuro?

C’è ancora tanto da fare nell’e-commerce. All’apparenza abbiamo già fatto tutto in questo campo, invece siamo ancora al giorno uno. La spesa delle famiglie italiane che passa per canali digitali, quindi non solo Amazon ma qualunque player, è tra il 10 e il 15 percento. Nel Regno Unito è il 30 percento, quindi va da sé che c’è ancora un grande margine di crescita. Così come il cloud computing: il numero delle aziende che ha digitalizzato i propri processi è ancora molto piccolo, specie se si guarda alla piccola e media imprese, ultime in Italia per digitalizzazione. Abbiamo un programma che si chiama Accelera con Amazon, in cui offriamo formazione alle PMI per la digitalizzazione, al di là che poi usino i nostri prodotti o quelli dei competitor. Pensiamo che questa sia una responsabilità nei confronti del sistema paese.

Consegne con i droni, avverrà davvero?

Una parte delle nostre consegne potrà avvenire in questa modalità. E il paese in Europa dove stiamo facendo sperimentazione è proprio l’Italia, grazie auna proficua collaborazione con gli enti regolatori.

Per concludere c’è qualcosa che cambierebbe sua vita?

Siamo il risultato di tutto ciò che facciamo, compresi gli errori. Ma dato che mi considero molto fortunato, non c’è nulla che cambierei, perché non sai mai quale sarà il risultato finale, cambiando qualcosa. Mi focalizzo più sul futuro, ci sono tante cose che voglio vedere, imparare, fare. Poi ho tre bambini piccoli, anche in ambito familiare il futuro si annuncia ricco di impegni e soddisfazioni.