“Gli inglesi hanno inventato il calcio, ma gli argentini hanno fatto qualcosa di più importante: hanno inventato l’amore per il calcio”. È questa la frase che compare sulla copertina del libro La Milonga del futbol, una scritta che acquista senso negli ultimi trent’anni dell’ottocento, quando le barche inglesi attraccano sulle coste argentine con l’obiettivo di colonizzare. Non finirà così e l’Argentina sarà una mancata colonia inglese, ma è da questo sbarco che la storia dell’Albiceleste ebbe inizio. Gli inglesi hanno con loro un pallone, un oggetto mai visto ma che da subito appare divertente e simpatico agli occhi degli argentini. Sarà proprio quel pallone una delle cose che rimarrà in terra argentina dopo lo sbarco, e da quel pallone si scriveranno pagine di storia indelebili nel segno della bandiera bianco azzurra col sole in mezzo.
La Milonga del futbol, il romanzo
Il romanzo di Buffa e Gabrielli (che è anche uno spettacolo teatrale in cui Federico, come un pifferaio, riesce ad incantare il pubblico grazie al suo immaginifico eloquio) inizia il 20 giugno 1867, quando si disputò la prima partita di futbol su terra argentina e si conclude il 17 novembre del 2000, quando Lionel Andrés Messi lascia a soli tredici anni El Pais del Tango per trasferirsi a Barcellona, dove diventerà uno dei giocatori più forti della storia.
In questi cento trenta tre anni di storia si racconta il cambiamento di una nazione in stretto legame con il calcio, uno degli sport che ha sempre contraddistinto l’Argentina. La storia delle squadre più forti e dei grandi giocatori, i numeri “dieci”, su tutti Diego Armando Maradona, El Pibe de Oro.
“Il numero dieci simboleggia il numero dei compagni il cui peso e responsabilità ti carichi sulle spalle” racconta Gabrielli. Il Diez è colui da cui dipendono tutti gli altri, anche il portiere. Ed è proprio a quest’ultimo che abbiamo rivolto alcune domande sulla genesi di questo interessantissimo libro, che rispecchia appieno lo stile narrativo che il lettore si attende da due autori incredibilmente abili nell’arte del racconto.
Com’è nato il vostro amore per il calcio argentino?
“Il mondo argentino, tutto il panorama, tutta la cultura, partendo dalla letteratura e poi arrivando al calcio esercitano un fascino davvero imbattibile. Ogni espressione sociale e culturale di questo paese, anche abbastanza giovane, è stata da subito impregnata e imperniata di calcio”.
Si parla principalmente di tre giocatori che hanno in comune il numero 10: Cesarini, Sivori e Maradona.
La storia di Cesarini è quasi una metafora della vita, tentare sempre?
“Non ci sono tanti gesti sportivi che portano il nome di un interprete, una è la Zona Cesarini, la realizzazione di una filosofia per cui c’è spazio fino all’ultimo minuto per l’immaginazione e la fantasia per svoltare la partita. L’altra è il Volante, il centrocampista che di solito gioca con la maglia numero 5, la cifra aura del talento. Il cinque è il centro nevralgico della manovra, uno dei primi interpreti fu Carlos Volante, e quel ruolo prese poi il nome da lui. Ci fu proprio una fusione per osmosi delle due cose. Cesarini ha portato la sua marchigianità in Argentina e ha interpretato un certo tipo di dieci, quello totalmente poetico, talentuoso per eccellenza. Fu poi lui a scoprire Sivori che poi consolò Maradona dopo la mancata convocazione al Mondiale 1978”.
Juan Domingo Peròn, è lui che forgia l’identità calcistica argentina o è lui ad essere cavalcato da essa servendosene poi politicamente?
“La Milonga del Futbol, è un libro che deconto dal calcio è un racconto di un secolo di Argentina. Peròn non amava il calcio, era contro ogni volontà di renderlo un “lavoro”, ma è chiaro che pur schifandolo lo ha comunque cavalcato. Pensate che fu lui a metà anni 50’ ad organizzare delle partite contro l’Inghilterra da Wembley a Buenos Aires, con il solo obiettivo di sedersi al tavolo con gli emissari britannici”.
Come vedono gli argentini il calcio di oggi, sempre meno romantico e più economico? Come vivono questa evoluzione?
“Credo che una delle poche cose che stia salvando il calcio argentino da un orizzonte totalmente business mentality sia la loro natura radicata al calcio come strumento sociale. In Argentina le squadre continuano ad essere proprietà dei soci, quindi sostanzialmente dei tifosi. A salvare gli argentini è questo amore profondo che fa si che anche tutti i problemi economici e politici che girano intorno al calcio passino in secondo piano appena saliti sulle gradinate”.
Com’è nata l’idea di scrivere un libro insieme?
“Io e Federico ci siamo stretti la mano per la prima volta nel 2022 sulla costa laziale del sud. Quando ci hanno presentati io conoscevo già Federico perché nel mio lavoro di scrittura è stato un punto di riferimento. La cosa che mi ha molto sorpreso è che lui conoscesse me per alcune cose che avevo scritto per Ultimo Uomo. Io all’epoca stavo scrivendo un libro su Messi e ci siamo confrontati un po’ e da lì è nato questo rapporto di interscambio“.
“Lui stava scrivendo lo spettacolo teatrale e a Rizzoli è venuta l’idea di farne un libro e Federico ha deciso di coinvolgermi. Ci siamo seduti per parlarne il 17 dicembre 2022, il giorno prima della finale dei Mondiali in Qatar, per parlare dei numeri dieci dell’Argentina che hanno fatto la storia e esattamente il giorno dopo si sarebbe fatta la storia del calcio argentino attraverso un numero dieci.”
Cosa rappresenta in una parola per loro l’amore per il calcio?
“Imaginación, e l’immaginazione argentina è qualcosa che non si può spiegare. Trascende la razionalità di El futbol argentino no trate de entenderlo
Conclude Fabrizio Gabrielli dicendo: “Sembra una cosa puramente insensata ma Maradona e Messi, i due numeri dieci più forti della storia dell’Argentina. Hanno condiviso molto tempo delle loro vite insieme e entrambi hanno vinto un Mondiale, ma solo quando l’altro non c’era più. Maradona ha vinto il Mondiale nel 1986 quando messi non era ancora nato e lo stesso Lionel Messi ha vinto il mondiale senza che Diego Maradona potesse vederlo. Una cosa alquanto strana ma che conferma come il calcio sia inconcepibile: puoi provarci quanto vuoi ma “no puedes entenderlo” non lo puoi capire”