A 13 anni perde l’udito. A 32 gli viene diagnosticata una grave patologia cardiaca che poteva mettere a rischio la sua vita. Mai mollare lo scriviamo sulle pagine dei nostri social per darci coraggio, quando ci facciamo fermare da una sciocchezza qualsiasi del nostro quotidiano. Mauro Grotto, calciatore della Nazionale non udenti, non solo lo scrive, lo dice, ci crede davvero e l’ha messo in pratica fin dal giorno uno della sua esistenza.
Il battito sordo di Mauro Grotto
Mail mollare – Il battito sordo di Mauro Grotto è il titolo dello spettacolo teatrale che con la magistrale interpretazione di Stefano Annoni e la drammaturgia abilmente diretta da Luca Rodella, ha regalato grandi emozioni ai ragazzi delle scuole del milanese e del monzese che hanno assistito a una delle prime repliche di questo avvincente e sorprendente monologo.
Mauro Grotto, che da quasi 30 anni vive in mondo di silenzio, ha pensato bene di farlo tutto attorno il sé il rumore. E spero che lui non si offenda, se arriviamo a definirlo casino. Quello buono, quello che fa bene all’anima, quello che ti fa pogare ai concerti, esultare allo stadio, la reazione di scomposta felicità che ti coglie quando ti dicono che diventi genitore, quando scopri che ti ama, quando varchi per la prima volta la soglia di un appartamento da padrone di casa.
Il rumore attorno al silenzio
È quel casino lì, quello che Mauro ha fatto per tutta la vita, da quando lui e il calcio si sono innamorati non riuscendo più a fare a meno dell’altro. Provateci voi a giocare insieme a chi può ascoltare il fischio dell’arbitro, l’urlo dei tifosi, l’incoraggiamento di un compagno e persino il vaffa di un avversario, non potendo udire nulla se non il silenzio.
Lui l’ha fatto. Non ha mai piegato la testa di fronte al destino. Ha sempre guardato davanti a sé e tirato dritto. Anche quando la sfortuna, che esiste, lo dice lui stesso, voleva tornare a far calare il silenzio nella sua vita. Quello definitivo. Quello desolato, che ti scava dentro, Il silenzio del marmo delle lapidi, dei pomeriggi di agosto nelle città deserte. Anche allora, lui l’ha detto e l’ha fatto: Mai Mollare.
Quella di Mauro Grotto è una storia incredibile, che tutti noi dovremmo conoscere avendo il piglio di andare a scoprirla in un teatro. Dove è arrivata grazie al Centro Asteria, realtà meneghina del comprensorio del Municipio 5, che da anni si distingue con attività nel sociale a carattere formativo, educativo e culturale, divenendo punto di riferimento a Milano e non solo.
Il Centro Asteria
Ogni anno, tra le attività del Centro Asteria vi è il concorso letterario Contest(A) di atleta, in cui gli studenti delle scuole scelgono una storia di sport e la raccontano. Il testo vincitore dell’edizione 2023 aveva per protagonista proprio Mauro Grotto e la sua vicenda. A distanza di 12 mesi Centro Asteria ha messo in scena quel testo, con le dovute integrazioni e gli inevitabili adattamenti, affidandosi alla bravura di un interprete eclettico come Stefano Annoni e alla regia Luca Rodella.
Lo spettacolo
Quello che ne uscito è uno spettacolo che ha catturato l’attenzione dei ragazzi, che seppur molto rumorosi all’aprirsi del sipario, si sono piano piano ammutoliti catturati da quando accadeva sul palco.
Stefano Annoni è Mauro Grotto sulla scena, protagonista di un monologo sul calcio non semplice, in cui è riuscito con una grande mimica e con una meravigliosa enfasi, usata nei momenti giusti, a ondulare il racconto, renderlo dinamico, attraverso una continua e ritmata scalata emozionale, seguita da discese a volte lente, a volte repentine. Al termine di questo bellissimo spettacolo, che speriamo possa essere inserito prossimamente nel programma di molti altri teatri, abbiamo avvicinato i due protagonisti di questa storia, quello reale e quello nella finzione scenica, ossia proprio Mauro e Stefano, rivolgendo loro alcune domande.
L’intervista a Stefano Annoni
Come si è preparato per interpretare Mauro?
Ci sono state numerose interviste a distanza a Mauro, che poi personalmente ho conosciuto solo alla prima dello spettacolo. A me piace fare un lavoro di mimesi, mi piace immergermi completamenti nel personaggio, cercando di rubarne tutti i tratti distintivi. Ho cercato di avere il suo stesso accento, la sua stessa mimica il suo stesso temperamento. Ho usato tutto il mio bagaglio di esperienza per creare una maschera di Mauro il più possibile credibile e l’abbiamo poi messa in scena. Non gli abbiamo fatto sconti, volevamo raccontare le imprese compiute dall’eroe Mauro Grotto avvicinandolo però allo spettatore, mostrando le imperfezioni dell’uomo. Farne un ritratto senza pecche è controproducente, allontana il protagonista dagli spettatori.
Si è dovuto approcciare in modo diverso a questa interpretazione rispetto al solito?
No, direi no, mi porto dietro tutta la mia esperienza accumulata lavorando insieme a grandi maestri del teatro, come Paolo Trotti, Massimiliano Speziani, Luca Rodella e tanti altri. Ho adottato un metodo che si serve di due approcci differenti. Uno interiore, che lavora sulle emozioni e sui ricordi, e poi uno esteriore in cui mi piacer esagerare, rendere grottesca la maschera che andrò a interpretare. Questo perché, spesso, allontanandoci delle cose si riesce a vederle meglio. Un dentro e fuori continuo che mi aiuta a modellare il personaggio su di me.
Ho visto lo spettacolo del mattino, quello per le scuole. Cosa le hanno chiesto i ragazzi alla fine?
Mi hanno chiesto più o meno le cose che mi avete chiesto voi. Ricordo i loro occhi, l’attenzione che sono riuscito a catturare piano piano. Mi ricordo anche che si è avvicinata una ragazzina, anche lei con problemi di udito a un orecchio, che mi ha chiesto consigli su come giocare meglio a calcio. L’ho mandata da Mauro, chi meglio di lui? È stato bellissimo fare lo spettacolo per le scuole, sono in scena per circa 200 giorni su 365, ma l’emozione che provato quel giorno non la provavo da tempo. Mi ha ripagato di tanti sacrifici, questi sono giorni che danno senso al tuo lavoro, perché a volte non capisci bene per chi lo stai facendo, tutto sembra effimero. Non questa volta.
E invece Mauro Grotto cosa le ha detto?
Innanzitutto, ci siamo abbracciati. È stato il primo abbraccio tra di noi. Già così ci siamo detti tutto quello che ci volevamo dire. Poi mi ha rivelato che non era mai stato a teatro e non pensava di provare così tante emozioni. E se siamo riusciti ad emozionarlo, lui che la sua storia la conosce bene e l’ha raccontata innumerevoli volte, beh, questo è significativo. Poi ha aggiunto “Rivendendo tutta la mia vita, devo dire che sono stato davvero forte”. E questa è proprio una frase da Mauro Grotto, avremmo potuto inserirla nello spettacolo.
È stato difficile rappresentare il calcio su un palcoscenico?
Non è la prima volta che mi capita di inscenare lo sport a teatro, o comunque di essere parte di rappresentazioni così dinamiche. In realtà per me è un aiuto, perché c’è tanto da poter usare. La cosa importante è non fare mai finta e non fare mai le cose a metà. Sfruttando alcune tecniche del teatro sì più stimolare l’immaginario del pubblico. Non si tratta tanto di ricreare, ma di mimare e trasporre, perché altrimenti basterebbe vedere un documentario.
Cosa vorrebbe che lasciasse questo spettacolo alle persone che lo vedranno?
Non vogliamo dare una lezione, lasciare una morale al termine dello spettacolo. Mauro è un esempio, per come ha saputo non arrendersi di fronte alle sfortune che gli sono capitate, ma comunque raccontiamo la storia di un eroe che non è senza macchia, ma ha difetti come tutti noi. Storie come la sue sono esemplari, ma non vogliamo che il pubblico le percepisca come lontane. Non volevamo dipingere un santino.
L’intervista a Mauro Grotto
Mauro che impressione le fa vedersi interpretato su un palco?
È stata una emozione particolare. Non sapevo davvero cosa aspettarmi. Essendo sordo non sono praticamente mai andato a teatro, in quanto non posso capire e seguire i discorsi. Quindi nemmeno sapevo come funziona e in cosa consiste lo spettacolo. Rivedermi sul palco e ripercorrere le tappe più importanti della mia vita è stata una emozione indescrivibile.
Era davvero disposto a mettere in gioco la sua vita pur di non rinunciare a giocare a calcio?
Purtroppo si. Ammetto che un po’ me ne vergogno ora, sapendo che c’è gente che darebbe tutto per poter vivere, respirare. Ma per me rinunciare al calcio era come morire dentro. E sarebbe stato logorante per me sopravvivere senza il calcio. Perché poi tutto ciò avrebbe comportato un surplus di lavoro per trovare il mio benessere ed equilibrio, sopperendo in qualche modo a quella mancanza. Non so se ci sarei riuscito.
Col calcio voglio smettere quando lo decido io, non per imposizione altrui. Il calcio è tutta la mia vita. Non riuscivo a scindere le due cose. Forse, ora che sono passati nove anni, la vedrei in maniera meno drammatica questa evenienza. Ma allora avevo 32 anni, adesso ne ho 41. Prima ero ancora abbastanza giovane per giocare, ora invece, ogni anno può essere l’ultimo perché il tempo non si inganna. Però si, in quel momento la prima domanda che mi ponevo era solo una: quando tornerò a giocare?
Cosa pensa dell’attore che la interpreta, Stefano Annoni?
Stefano è stata una sorpresa anche per me, perché è andato davvero oltre le mie più rosee aspettative. Conoscendoci in video chiamata si era già creata un’alchimia particolare, che poi si è trasposta sul palco. Ho adorato la sua passione, il suo voler capirmi fino in fondo in ogni mia sfaccettatura. Ha provato davvero a mettersi nei miei panni in ogni circostanza. Non credo potessi trovare un attore migliore per interpretarmi. E poi si è dimostrato una bellissima persona, simpatica, alla mano, vivace, curiosa, sempre col sorriso. È stato davvero un grande personaggio
Si è sentito perseguitato dal destino a un certo punto della sua vita?
Perseguitato è un termine che onestamente non mi è mai balzato in mente. Però qualche volta la domanda perché proprio a me? me la sono fatta. Volevo capire perché queste prove dovessi superarle io. Ognuno ha la propria croce da portare nella vita. E ognuno affronta le vicende e gli ostacoli a modo suo. Ho dovuto affrontare tutto ciò, e per fortuna tutto è stato superato per il meglio.
Certo, è stata molto dura. Ma finché ci sei dentro usi tutte le forze per sopravvivere, senza renderti conto di ciò che fai. Solo quando le cose si calmano e ti guardi indietro capisci quanto forte sei stato. Ma non sono un eroe. Eroi sono altri. La maggior parte di noi, innanzi agli ostacoli della vita, si affida al proprio innato istinto di sopravvivenza. E quello fa miracoli. Abbiamo dentro di noi tantissimo potenziale inespresso che non conosciamo fino a che non siamo chiamati ad utilizzarlo appieno.
Che cosa sono per lei la fortuna e la sfortuna?
Fortuna e sfortuna ovviamente esistono. Ma da calciatore credo che la fortuna vada anche cercata. Troppo facile giustificare qualsiasi cosa ci accada etichettandola come fortuna o sfortuna. È una risposta semplicistica e superficiale per chi non vuole andare a fondo nelle cose. Fortuna e sfortuna esistono sempre, ma non piovono dal cielo. A volte siamo noi che possiamo e dobbiamo andare alla ricerca della fortuna a discapito della sfortuna.
E invece il calcio, cosa è per lei?
Il calcio per me è vita. Non esiste parola migliore per definirlo nel mio caso. Mauro uguale calcio. Siamo una cosa sola. Mi ha insegnato a vivere, a stare al mondo, mi dà un senso di libertà dai demoni quotidiani della vita, mi lascia la possibilità di sfogarmi appieno. Il calcio è una cosa davvero troppo grande per me. Mi basta vedere una palla di cuoio per tornare bambino e sognare ancora ad occhi aperti.