mercoledì, Dicembre 31, 2025
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“Lasciate qui i cellulari”: Il Natale nel carcere di Monza

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“Lasciate qui i cellulari, prima di scendere dalla macchina”. Le regole sono ferree e questa è una di quelle a cui all’ingresso fanno più attenzione. Per questo motivo la scelta è stata di non portarlo nemmeno, il telefono. Anche se l’ultima volta che eravamo lì, in primavera, Marco – il volontario che accompagna chi scrive e un’altra viaggiatrice, Laura – aveva detto: “Sanno perfettamente che in questo parcheggio non deve succedere nulla, altrimenti perdono la fiducia di chi fornisce loro un aiuto importante”. Quando si entra nel carcere di Monza, il rituale è sempre lo stesso, anche se è Natale. Mollare il telefono è il primo passaggio.

Il rito di ingresso

Il secondo è radunarsi all’ingresso in attesa della verifica. Lì davanti, sfidando il freddo dicembrino con i pantaloni corti, si era già raccolto un gruppo di Boy Scout. Una decina tra ragazzi e ragazze con le chitarre e tamburelli. Alcuni di loro erano presenti alla stessa ora del mattino – le 8.15 – anche in occasione della Pasqua. In entrambi i casi il loro compito era lo stesso: allietare le persone detenute accompagnando le canzoni della Messa. Loro, così come don Tiziano al loro fianco, sono abituati a quel rito. Ed è un rito fatto dal passaggio in un primo cancello, del controllo severo da parte delle guardie (puoi entrare solo se il tuo nome è autorizzato con largo anticipo e si trova su un foglio compilato dalla direzione), del passaggio per un metal detector e per un corridoio stretto che porta a un secondo cancello.

Solo allora si entra nel cortile. Di fatto un giardinetto con qualche pianta, tra cui un giovane pino donato dal Comune di Brugherio. Sulla sinistra c’è la recinzione con all’interno giocattoli scoloriti e scivoli per i bambini. È lì che avvengono gli incontri con i figli piccoli. Davanti, le due palazzine basse per accogliere i “nuovi giunti” – termine quasi ufficiale, tanto da apparire anche sulle porte di un magazzino. E subito dietro, la struttura principale: un casermone grigio e sporco, che, a non sapere dove ci si trova, sembra un edificio anni ’60 di una periferia degradata. A parte per il fatto che tutte le finestre sono dotate di sbarre a scacchi, a confermare gli stereotipi.

Questa volta la destinazione non è sulla destra, cioè nella zona dove ci sono le aule per chi frequenta la scuola. Si va dritti, attraversando un altro spazio esterno, rigorosamente recintato, per entrare nella cappella, da poco rifatta.

“L’occasione per incontrarsi”

Per presenziare alla Messa anche le persone detenute devono registrarsi in anticipo. “Per molti è l’occasione per incontrarsi”, mi spiegava Marco, che con l’associazione Carcere Aperto dà supporto alle persone incarcerate. In effetti, non sono molti gli scambi tra diverse sezioni. E peraltro la socialità è molto differente se ci si trova in una sezione contrassegnata da un numero pari o dispari. Nelle prime le celle sono aperte dalla mattina fino alle 19.15 ed è possibile camminare nei corridoi. Nelle dispari, le celle si aprono solo per l’ora di socialità. Finire in una sezione pari o dispari non è una questione di gravità del reato: è quasi una valutazione “caratteriale”. Nelle pari ci va chi gestisce meglio le relazioni sociali. E a volte le dispari sono preferite da chi vuole riservatezza.

Quando le persone detenute entrano nella cappella per la Messa, lo fanno sempre seguendo un ordine rigido, sezione per sezione. Sono i secondini al loro seguito a dire loro dove prendere posto. Chi varca la soglia, saluta tutti i presenti stringendo la mano, sorridendo e augurando Buon Natale con educazione. Un ragazzo dai tratti stranieri indossa persino una specie di completo per l’occasione.

In molti hanno fatto amicizia con i volontari di Carcere Aperto, che vedono ogni settimana. “Quest’anno sono a fine pena, non ho voluto cucinare per 15 persone come l’anno scorso – spiega un uomo con i capelli bianchi a un volontario – Comunque ieri abbiamo mangiato pasta con le vongole, oggi dovremmo fare del salmone”. Chi sta in carcere ha comunque una quotidianità da organizzare e, come per tutti, le feste sono il momento per spezzarla. Anche se sono particolarmente dure: sono il momento in cui si pensa di più alla famiglia e a ciò che accade all’esterno.

Un altro ragazzo si avvicina per salutare Marco. Non sa che l’ultima volta il volontario aveva rivelato a chi scrive la sua storia. Si tratta di un uomo che dopo quattro anni di pena aveva trovato la libertà. Ma la difficoltà a trovare un lavoro e qualche problema con la famiglia lo avevano spinto alla recidiva. “Fuori non mi filava nessuno” aveva detto al rientro.

“Dio perdona sempre”

Il fatto che ci siano gli scout non significa che possiamo non cantare noi”. Dopo avere invitato tutti a sedersi, don Tiziano introduce la celebrazione. Come per la Messa di Pasqua, monsignor Michele Elli, vicario del vescovo, ha l’incarico di officiarla. In primavera, il vicario aveva citato papa Francesco che pochi giorni prima aveva avuto un pensiero per i detenuti. “Vicino alla croce di Gesù, c’era quella di due condannati a morte. Ed è a uno di loro che Gesù ha detto: ‘Questa sera tu sarai con me nel Regno dei Cieli. Pensate, la prima persona ad andare in Paradiso è stato un detenuto”, aveva detto allora monsignor Elli.

Anche in occasione del Natale, il vicario ha voluto ribadire il concetto nella sua omelia: “L’immagine di un Dio seduto sul trono, che giudica: ‘se hai fatto bene, bene, se no pedata e rimani giù’ è un’immagine falsa – ha detto –. Forse l’ha messa in giro il diavoletto. Dio ci prende per mano e ci dice: cambiamo la tua vita, insieme.” E ha proseguito: “Chi più, chi meno, tutti siamo stati fregati. A tutti noi è stato fatto del male. Questo ci porta a pensare che allora non possiamo fidarci degli altri. Ma vi voglio dire che Dio ci prende per mano”. Perché: “Dio perdona sempre”.

Ed è alla fine della Funzione che, dopo il segno di pace molto partecipato e l’Eucaristia, si leva il coro più sentito. “Madonna Nera” è da sempre la preferita. “Lei ti calma e rasserena, lei ti libera dal male”.

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