lunedì, Novembre 24, 2025
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Springsteen: il lato oscuro del successo in “Liberami dal nulla”

Altri due film in programma al Cinema San Giuseppe: “Springsteen – Liberami dal nulla”, ritratto intimo del Boss alle prese con la genesi di Nebraska, e “Le città di pianura”, viaggio malinconico nella provincia italiana post-crisi.

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C’è chi racconta la musica partendo dai palchi e dalle leggende, ma il nuovo film di Scott Cooper, “Springsteen – Liberami dal nulla”, va oltre: ci porta tra le pieghe più intime dell’anima di un artista che ha saputo incarnare, come pochi, le contraddizioni e la speranza dell’America. Questo weekend, il Cinema San Giuseppe di Brugherio propone in un lungometraggio che traccia il ritratto intenso e umano di Bruce Springsteen, scegliendo di concentrarsi proprio su uno dei passaggi più difficili e meno noti della sua carriera: la genesi di “Nebraska”.

Quelle che vedrete sullo schermo sono due ore di cinema in cui le sonorità di “Nebraska” si fondono con gli stati d’animo del protagonista, interpretato in modo coinvolgente da Jeremy Allen White. Un viaggio nell’America degli anni ’80, tra paesaggi interiori e atmosfere folk, reso ancora più autentico dalla performance degli attori e dalla regia sobria di Cooper, che sa restituire la dimensione più vera, imperfetta e umana di una leggenda della musica.

Niente folla in tripudio e stadi, ma un viaggio nelle solitudine di Springsteen

Dimenticate gli stadi gremiti e i riff trascinanti di Born in the USA: “Liberami dal nulla” è un viaggio nella solitudine di un giovane Bruce (interpretato con grande sensibilità da Jeremy Allen White), reduce dal successo planetario del River Tour ma sopraffatto da un senso di inadeguatezza e da un tormento che affonda le radici nell’infanzia e nel rapporto problematico con il padre. Springsteen si trova a un bivio: la sua casa discografica vuole altri successi, canzoni da classifica, ma lui sceglie la sincerità radicale, anche a costo di allontanarsi da ciò che il pubblico si aspetta.

Il film di Cooper si distingue proprio per questa volontà di non costruire un’agiografia del “Boss”, ma di restituirne la complessità psicologica. Gli anni sono quelli del primo vero confronto con la depressione: ne esce un disco spoglio, antico e rivoluzionario, inciso su un’audiocassetta a quattro piste nella propria camera da letto, le cui canzoni si calano nell’America marginale e piena di dignità degli esclusi. Ne esce anche, per il pubblico, l’occasione di incontrare un’icona della musica al di fuori dei miti, vicino e vulnerabile.

La profondità dell’opera e la leggenda spogliata

A dare profondità all’opera è anche la presenza di Jeremy Strong nei panni di Jon Landau, manager e “spalla” umana e professionale di Bruce in quei mesi difficili. La regia, come ha sottolineato la critica, evita facili toni celebrativi: la narrazione scorre tra suoni raw, confessioni private e i silenzi carichi di malinconia che precedono la creazione dei brani di Nebraska. Nel racconto visivo di Cooper, ogni dettaglio – dalle esibizioni scarnificate agli ambienti domestici – punta a spogliare la leggenda fino all’essenziale senso di ricerca, smarrimento e identità che caratterizza questo momento della sua vita.

Basato sul libro “Liberami dal nulla” di Warren Zanes, il film offre infine un parallelo suggestivo: mentre Springsteen si spogliava del rock per abbracciare un folk crudo e autentico, l’America degli anni ’80 si mostrava in tutta la sua complessità sociale, ancora oggi estremamente attuale. Lo conferma Cooper: “il disco parla di chi vive ai margini, una realtà che non è mai passata di moda”, e lo conferma anche il senso delicato di empatia che fa da filo conduttore alle scene più intime.

SCHEDA FILM:
Springsteen – Liberami dal nulla
Regia di Scott Cooper
Con Jeremy Allen White, Jeremy Strong, Paul Walter Hauser, Stephen Graham
USA, 2025 – Durata: 120 minuti

PROGRAMMAZIONE:
Sabato 22 novembre ore 21.15
Domenica 23 novembre ore 15.30 – 18.15 – 21.15


Per il Bresson in programma “Le città di pianura”

La rassegna d’essai “Bresson” del Cinema San Giuseppe di Brugherio continua nella sua proposta autunnale, quella chiamata “prima parte”, con “Le città di pianura” di Francesco Sossai, film che ha già attirato l’attenzione della critica per la sua capacità di raccontare con sincerità e delicatezza le inquietudini di una generazione. In programma mercoledì 26, giovedì 27 e venerdì 28 novembre, l’opera offre uno spaccato inedito sulla cosiddetta Lost Generation italiana, uomini nati negli anni Settanta che si sono ritrovati adulti in un mondo profondamente diverso da quello che avevano immaginato.

Sossai, come lui stesso afferma, vuole indagare il malessere di chi si trova in una stagione di passaggio, non sempre capace di nominare il proprio disagio, ma mai privo della speranza di una svolta. I protagonisti, Carlobianchi (interpretato da Sergio Romano) e Doriano (Pierpaolo Capovilla), incarnano questa malinconica resistenza: eternamente in viaggio fra i bar, le stazioni di servizio e le trattorie della provincia veneta, alla perpetua ricerca di “un’ultima” bevuta che suona più come un rito complice che come un semplice vizio. A loro si aggiunge Giulio, giovane architetto napoletano (Filippo Scotti), che durante una notte veneziana entra quasi per caso nel loro microcosmo.

Ritorno agli anni ’90

“Le città di pianura” richiama alla memoria il cinema italiano degli anni ’90, tra atmosfere sospese e derive esistenziali, ma anche classici come “Il sorpasso”, pur con notevoli differenze di toni e di tempo: qui, la Jaguar di Carlobianchi non corre vertiginosamente verso il disastro, ma si muove in un paesaggio già segnato e svuotato, simbolo di una generazione alla ricerca, forse vana ma non per questo meno sincera, di senso e appartenenza.

La forza del film è anche nei suoi paesaggi, nella provincia veneta che diventa lo specchio di tutte le “terre di mezzo”, dove la modernità ha lasciato macerie estetiche e culturali, e il mito del passato si confonde con leggende personali e ricordi sfuggenti. Colpisce la scena alla Tomba Brion di Carlo Scarpa, che si trasforma nella meta simbolica di un pellegrinaggio tra lutto e maturazione.

Tra malinconia e ironia, ma senza cinismo

Tuttavia, grazie anche alle musiche dei Krano e a un cast che spicca per autenticità – in particolare Sergio Romano e Pierpaolo Capovilla, che restituiscono perfettamente lo spirito spaesato e resistente dei loro personaggi – “Le città di pianura” riesce a parlare di crisi senza cedere al cinismo, mescolando malinconia, ironia e un inatteso attaccamento ai legami umani.

Non è solo una storia di sconfitti o di fughe: dietro l’ultimo bicchiere, dietro le notti di deriva e le mattine senza meta, si nasconde una continua rivendicazione di affetto, di solidarietà e di voglia di vivere. Un film consigliato a chi ama il cinema che guarda in faccia la realtà ma sa ancora scovare, nei territori anonimi delle nostre province, barlumi di meraviglia e di umanità.


Scheda Film
Le città di pianura
Regia: Francesco Sossai
Con: Sergio Romano, Pierpaolo Capovilla, Filippo Scotti, Roberto Citran
Italia, Germania 2025 – Durata: 100 minuti

Programmazione – Rassegna BRESSON
Mercoledì 26 novembre, giovedì 27 novembre e venerdì 28 novembre ore 21.15 Giovedì 27 novembre anche ore 15

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