Una proposta di legge di iniziativa popolare che mira a rivedere le procedure giudiziarie e disciplinari automatiche, che scattano nei confronti degli operatori in divisa dopo interventi di servizio con risvolti penali. E’ questa l’iniziativa del Nuovo Sindacato Carabinieri, con l’obiettivo di superare l’atto dovuto e garantire maggior tutela agli operatori, come si legge nel titolo della proposta di legge: “Disposizioni per il superamento dell’Atto Dovuto e per la tutela del personale delle Forze di Polizia e delle Forze Armate nell’esercizio delle proprie funzioni”. La richiesta è stata annunciata lo scorso 20 settembre dalla Gazzetta Ufficiale e la raccolta firme si concluderà il 28 febbraio 2026. E’ possibile firmare online accedendo tramite lo SPID o allo sportello polifunzionale negli orari di apertura al pubblico.
Secondo il sindacato la procedura attuale, fatta di indagini preliminari, sospensioni e disagi generali, colpisce i militari non solo sul piano professionale, ma anche personale, generando stress, spese legali e il rischio di blocchi di carriera.
Ne abbiamo parlato col segretario nazionale dell’NSC, Ilario Castello, che ha spiegato le motivazioni alla base della proposta e le principali novità che si vogliono introdurre.
Segretario Castello, da cosa nasce la vostra proposta di legge di iniziativa popolare?
“In quanto sindacato dei carabinieri curiamo gli interessi dei nostri iscritti e non iscritti, raccogliendo da anni le criticità diffuse su tutto il territorio. Di recente sono aumentati i casi in cui i colleghi si trovano a lottare con l’atto dovuto, ovvero la “prassi” che li vede indagati automaticamente dopo determinati interventi operativi. La nostra proposta nasce dalla raccolta di quella che è la criticità principale, ovvero le conseguenze personali ed economiche. Quest’anno vanno a infierire sulla vita quotidiana, creando stress psicologico, pregiudizi reputazionali e oneri economici.
Infine c’è il discorso legato alla carriera: nel migliore dei casi siamo soggetti a un procedimento disciplinare o penale che può bloccarla, mentre nel peggiore veniamo sospesi dal servizio”.
Quanto pesa sull’operato quotidiano dei militari?
“Questi fattori, uniti al rumore mediatico, rischiano di creare una “paura” nell’operare, che si traduce in poca sicurezza sul lavoro e maggior possibilità di sbagliare. L’esempio lampante è l’utilizzo del Taser: molti operatori finiscono per non utilizzarlo perché sistematicamente verrebbero indagati, così facendo, però, situazioni risolvibili in pochi istanti si protraggono anche per diversi minuti, spesso rischiando di aggravarsi”.
Cosa chiedete con questa proposta di legge?
“La nostra richiesta è finalizzata a rivedere il discorso dell’atto dovuto, chiedendo un coinvolgimento dell’amministrazione. Se nel contesto lavorativo dell’operatore succede qualcosa che ha risvolti penali, chiediamo che l’avviso di garanzia non gravi sulle spalle degli operatori ma, bensì, sulle amministrazioni nel momento in cui va fatta chiarezza. Poi, in caso di circostanze gravi e contesto di dolo da parte dell’operatore, sarà lui a farsi carico di tutto quello deve affrontare. Chiediamo anche il principio della presunzione di legittimità, ovvero che l’uso della forza o delle armi, da parte degli operatori, si consideri legittimo fino a prova contraria”.





