Quando finiremo di raccontarcela, potrebbe essere troppo tardi. Forse lo è già, a dirla tutta, e questo a prescindere dall’esito di questa campagna di qualificazione che ora, dopo la vittoria dell’Italia su Israele a Udine, vede la Nazionale di Gattuso ormai certa della partecipazione ai playoff che, a marzo, decideranno se davvero l’Italia tornerà ai Mondiali di calcio, dodici anni dopo l’ultima partecipazione. Perché dovremmo finire di raccontarcela? Perché scrivere che l’Italia vola ai playoff – vola! – o esaltare le quattro vittorie su quattro della nuova era del ct azzurro, beh, difficilmente può fare il bene di questa Nazionale e di un movimento in declino.
I playoff sono l’obiettivo minimo per una Nazionale di medio livello, niente più e niente di meno, e lo sono ancor di più se il girone si riduce, di fatto, alla competizione tra due squadre. Se si considera poi che, dal punto di vista del ranking Fifa, chi è finito davanti agli azzurri è la Norvegia (la quale, all’inizio della campagna di qualificazione, era al 43esimo posto, con l’Italia al nono), nazionale che oggi va considerata superiore all’Italia – nel ranking attuale è salita sino alla 31esima posizione, mentre gli azzurri sono scesi alla decima – ma che nemmeno troppi anni fa era tradizionalmente considerata un’avversaria tutto sommato nemmeno troppo ostica, si capisce ancora meno l’esaltazione di certi commenti da parte dei media.
L’Italia ai Mondiali? Pari opportunità
Calma e gesso. Qualche mese fa, su questa rubrica, con una certa disillusione, si scrisse che l’Italia del calcio, così come il Paese in generale, a certi livelli non tocca più palla: è così. Oggi vale la pena mantenere un certo equilibrio, e pazienza se l’equilibrio genera grigiore, non like: ai Mondiali la Nazionale può qualificarsi davvero, ma ha le stesse probabilità di rimanere fuori di nuovo, altro che titoloni e 8 in pagella. L’intento non è sminuire, ma analizzare.
E allora: sono quattro vittorie su quattro con Gattuso, certo, ma ottenute con l’Estonia (posizione 129 del ranking Fifa) e Israele (posizione 76), e sarà anche vero che nel calcio non c’è mai nulla di garantito e che il ct ha normalizzato un gruppo che a Spalletti, evidentemente, non credeva più, ma non c’è nessuna magia in tutto questo. Quattro anni fa, essere finiti di nuovo ai playoff era considerato uno smacco. Ora pare un trionfo. Com’è stato possibile?
Se il playoff è in primis contro con sé stessi
Il Mondiale è ancora da guadagnare e, più che l’avversario ai playoff l’Italia dovrà fare i conti con sé stessa in termini di approccio, aspettative, considerazione di sé stessa (al momento, superiore alla realtà effettiva). Gattuso, dopo l’ultima gara con Israele, ha sostenuto di essere pronto a espatriare se la Nazionale dovesse mancare la terza qualificazione consecutiva.
Ecco: tralasciando il paragone con le boutade di certi politici che hanno promesso l’abbandono dell’agone in caso di sconfitta elettorale, poi sono ancora lì, magari, più che Gattuso, che fa quello che può, a una soluzione del genere dovrebbe pensare qualcun altro che avrebbe dovuto lasciare tempo fa e, invece, è già pronto, in caso di qualificazione, a prendersene il merito. E, nel frattempo, va a braccetto con figure che – giusto per citare anche questo tema – sono pilatescamente riuscite, in due anni, a mantenere Israele nel contesto sportivo, nonostante tutto.





