domenica, Agosto 3, 2025
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La violenza dei “buoni”: la storia di Amanda

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Camilla e Paolo, sono due giovani sposi che vivono in una calda e magnifica regione del sud Italia. Sono neogenitori di Amanda, una nuova piccola anima che a soli undici mesi di vita ha smesso di crescere.

Ci ha messo poco la vita a sostituire la gioia immensa di questa coppia con il dolore più profondo, la confusione e il terrore hanno spazzato via tutta la felicità che li circondava.

Amanda è nata sana, al termine regolare di una gravidanza nella norma, ma all’undicesimo mese di vita qualcosa è cambiato. La piccola non faceva altro che piangere, sempre. E’ iniziata così, con dei pianti incomprensibili e ogni volta che le si dava da mangiare lei vomitava, per terminare con il rifiuto totale del cibo.

I genitori di Amanda erano disperati ormai, la bimba stava rapidamente perdendo peso, non cresceva più, visitata da molti medici che sostenevano diagnosi completamente opposte, provando tutte le cure possibili che venivano proposte, nulla funzionava, nessuno era in grado di stabilire una causa definitiva e una cura permanente. Intanto Amanda scompariva.

Paolo era come impazzito, ostinato e caparbio, continuava a fissare appuntamenti con ogni tipo di specialista, mentre Camilla seguiva l’esempio della figlioletta, mangiando sempre meno e perdendo peso e forze.

Senso di colpa indotto


Come biasimarla? Ogni medico che incontrava la incolpava, per non aver allattato al seno per un tempo sufficiente, per il modo in cui teneva la figlia in braccio, per la sua depressione che non era di nessun aiuto; qualcuno del personale sanitario è arrivato persino a minacciarla di toglierle la custodia della figlia, in quanto sosteneva che non fosse nelle condizioni psicofisiche di gestire una bambina.

Un giorno i due genitori ricevono a sorpresa la visita dei carabinieri, accompagnati da due assistenti sociali. Erano stati allertati da un ospedale, con l’accusa di provvedere volontariamente al malessere della piccola: ci mancava solo questo per far crollare ancora più nell’oblio la famiglia.

Fortunatamente l’indagine in questione fu breve, vennero sollevati dalla responsabilità di quell’accusa in tempi incredibilmente brevi; inoltre uno degli assistenti diede loro il numero di un pediatra descrivendolo come un luminare della medicina infantile.

Nonostante fosse a più di 350 km di distanza, partirono nell’immediato con questo scricciolo di bimba che non aveva nemmeno più la forza di piangere, arrivati nello studio medico la bimba viene visitata con urgenza e dopo pochi minuti, dichiarata in fin di vita, viene fatta trasportare all’ospedale più vicino, dove lo staff medico era pronto per l’intervento.

Che cos’ha Amanda


Intervento? Di cosa? Perché? Cos’ha Amanda?

A distanza di 5 anni da quell’episodio, Camilla mi racconta ancora visibilmente scossa quel terribile giorno, in cui le hanno strappato la bambina dalle braccia per sottoporla ad un intervento chirurgico d’urgenza all’appendice e allo stomaco.

Le avevano detto che aveva una malformazione all’apparato digerente, che le aveva causato infiammazione al tratto intestinale e doveva essere operata il prima possibile. Non c’era tempo per dare informazioni alla famiglia, era questione di vita o di morte, la bambina aveva i minuti contati.

Mi racconta di come quel giorno le ha cambiato la vita per sempre.

Paolo, suo marito, che lei mi descrive come una divinità, agendo con estrema fermezza, bloccò i medici dichiarando che quella diagnosi non lo convinceva affatto e che si sarebbe portato via la figlia.

Lei rimase sbigottita dalle parole e dalla testardaggine del marito, che, a differenza sua, non dimostrò nemmeno un accenno di paura alle parole dei medici. Medici che minacciarono di denunciarli per omicidio in quanto la bimba. A detta loro, non sarebbe arrivata al giorno dopo se non fosse stata sottoposta all’intervento immediatamente.

Sentirsi violentata


Ancora incredula mi dice: “Tania mi sono sentita violentata, mi credi”?

Si che le credo, quello che di fatto è successo è stata una VIOLENZA, sono stati minacciati di una denuncia atroce. Un’accusa tremenda che avrebbe messo in ginocchio chiunque, ma non Paolo, che firmò senza remore il foglio di dimissioni volontarie, strappando letteralmente la figlia dal lettino dell’ospedale. Caricando poi entrambe le sue donne in auto e partendo diretto e deciso verso un famoso ospedale infantile del nord Italia.

Aveva sentito dire che era il migliore.

Un viaggio lungo, fatto quasi tutto di silenzi, l’unica cosa che disse fu: “Ho firmato io, sono io che mi prendo la responsabilità di questa decisione. Se le cose vanno male sarò io che andrò in prigione”

“Se le cose vanno male …. Andrò io in prigione”

Arrivarono all’ospedale che era sera, Camilla entrò al pronto soccorso con Amanda inerme tra le braccia. Si inginocchiò a terra e piangendo in silenzio disse “Sta morendo, mia figlia sta morendo”.

Rimase a terra incapace di muoversi, fu ancora Paolo a prendere in mano la situazione. Corse accanto alla barella dove era stesa la figlia a delucidare lo staff medico dell’accaduto delle ultime ore, e di tutto il periodo buio da quando la bimba aveva iniziato a manifestare malessere.

Una lunga attesa e la disperazione


Entrò con lei in sala operatoria dove la bimba venne sedata e sottoposta a gastroscopia. Camilla nel frattempo era stesa su un letto in pronto soccorso, attaccata ad una flebo. Passarono circa un paio d’ore, un tempo relativamente breve ma che le sembrò un anno.

Quando vide entrare l’infermiera pensò che doveva staccarle la flebo ormai vuota, ma poi vide Paolo dietro di lei, con un’espressione sul viso che lo aveva fatto invecchiare di colpo di dieci anni. Era cupo, era stanco e si vedeva subito che aveva pianto tutte le sue lacrime, così comprese che la sua Amanda non c’era più.

Sentì delle urla strazianti, ricorda che le sembravano provenire da una stanza accanto e pensò che doveva essere un’altra madre che aveva perso la sua bimba, proprio in quello stesso momento, come stava succedendo a loro.

In realtà era lei a urlare, glielo raccontarono in seguito, Paolo le sedette accanto, con calma e con il volto rigato dalle lacrime, le prese la mano e le disse: Amanda sta bene. Ce la fai ad alzarti e venire da lei?

Era solo celiachia


Entrarono barcollanti nella stanza della loro piccolina, dove trovarono un’ostetrica con un piattino di pappa in mano intenta ad imboccare Amanda, non appena vide la madre le cedette il posto.

Dalla gastroscopia e dagli esami fatti emerse subito la diagnosi di celiachia, la bimba non era affetta da nessuna malformazione o da chissà quale altra malattia. Soprattutto non necessitava di alcun intervento chirurgico.

Camilla pianse tutto il tempo in cui diede da mangiare alla bimba, che ricorda aver divorato quel piccolo pasto. Appena terminato scoppiò in un pianto tremendo. Nulla di grave, semplicemente era il suo modo per chiedere il bis: aveva fame, giustamente. Altrettanto chiaramente non si poteva aumentare la dose in quel momento, sarebbe stato controproducente.

Piangeva e rideva, ad ogni piccolo boccone della figlia, guardava il marito incredula come a dire “davvero è tutto qui”? Episodi terribili di minacce, notti insonni, esami su esami, frustrazione e rassegnazione alla morte, perché non tollera il glutine? Per la prima volta fu Paolo a crollare, tra le braccia della moglie che stringendolo forte a sé non riuscì a dirgli altro che “Grazie”.

“Grazie, hai salvato la vita a nostra figlia, l’hai salvata tu Paolo”.

La VIOLENZA, quante facce ha.

Può causare danni irreparabili anche se inflitta in buona fede

E non è qualcosa da attribuire ad una categoria esclusiva di persone malvage, dobbiamo imparare a comprendere questo assioma.

E’ il nostro istinto, quanto è potente. Ascoltarlo, fidandosi di ciò che dice, è in grado salvare la vita. E’ la nostra arma di difesa più potente e ce l’abbiamo tutti

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