sabato, Agosto 2, 2025
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Ma davvero Infantino e Ceferin sono meglio di Blatter e Platini?

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Avete mai sentito parlare della legge dei titoli di Betteridge? Si tratta di una formulazione, ben conosciuta nelle redazioni giornalistiche, secondo la quale quando il titolo di un articolo finisce con un punto interrogativo, la risposta alla domanda è sempre no. Ora, il pretesto per questa puntata di Power Play è la definitiva assoluzione di Joseph Blatter e Michel Platini dalle accuse di truffa, amministrazione infedele e falso in documenti, disposta dalla Camera d’appello straordinaria del Tribunale penale federale svizzero a riguardo di una presunta tangente di 2 milioni di franchi che l’ex presidente svizzero della FIFA avrebbe pagato all’ex presidente francese dell’UEFA, dicevano le accuse, per assicurarsi la rielezione. Una tangente, parliamoci chiaro, alquanto singolare, dal momento che quel versamento era stato disposto e autorizzato dalla FIFA, nonché regolarmente tracciato: un modo singolare per nascondere il frutto di un’eventuale manovra corruttiva, no?

Il FIFA-gate


Si tratta di una delle accuse del celeberrimo FIFA-gate. Il pagamento risale al 2011, Blatter e Platini si sono sempre difesi sostenendo che si trattasse del saldo di quattro anni di consulenze arretrate fra il 1998 e il 2002 (consulenza di cui nessuno, nemmeno in tribunale, ha contestato l’esistenza) e che hanno portato gli imputati a essere assolti in primo grado l’8 luglio 2022 dal Tribunale penale federale di Bellinzona, quindi – dopo il ricorso del Ministero pubblico della Confederazione, l’equivalente del nostro pm – lo scorso 25 marzo, appunto, dalla Camera d’appello straordinaria del Tribunale penale federale svizzero – la FIFA ha sede a Zurigo, per questo è competente la giustizia elvetica – tenutosi a Muttenz. Peraltro, al processo d’appello, la FIFA, parte civile, non era presente, e aveva preferito farsi dispensare.

Blatter, oggi, dopo avere dominato politicamente sul calcio per oltre tre lustri, globalizzandolo e rendendolo succube agli interessi economici come non mai, è un curvo signore di 89 anni, Platini compirà 70 anni il prossimo 21 giugno: nel 2015, quando scoppiò lo scandalo, erano ai vertici del calcio mondiale ed europeo, e Platini aveva annunciato l’intenzione di candidarsi alla guida della FIFA, proprio per succedere a Blatter.

Blatter e Platini
Blatter e Platini

Blatter e la corruzione


Ora, per essere chiari: Blatter è stato assolto dall’accusa, ma ciò non deve far dimenticare che, nella FIFA guidata dal dirigente svizzero, la corruzione era di casa; nel maggio del 2015, appena prima dell’inizio del 65esimo congresso, vennero arrestati dalla polizia cantonale di Zurigo sette funzionari in quanto sospettati di aver pagato e accettato tangenti e provvigioni nascoste a delegati della stessa federazione internazionale e ad altri funzionari di organizzazioni affiliate, per l’assegnazione alla Russia dei Mondiali 2018 e al Qatar di quelli del 2022.

Fu il Dipartimento di giustizia statunitense – e, dal punto di vista delle alleanze di allora, non fu un caso – a indagare su quanto era accaduto nel percorso di quelle assegnazioni – peraltro già sotto la lente del rapporto Garcia, commissionato proprio dalla FIFA – che furono effettivamente segnate dalla corruzione di diversi delegati chiamati al voto, come poi stabilito dalle condanne emesse al termine di alcuni processi. Non era certo popolata di verginelle, la FIFA, né un palazzo di vetro lindo e trasparente.

Sarebbe però fuorviante pensare che trasparente lo sia ora, e anche che lo sia l’UEFA, perché da quel 2015 sono passati ormai dieci anni e, in entrambi i casi, si sono instaurati e fossilizzati regni governati da figure che sono le stesse da allora e che hanno imperato su uno sport sempre più genuflesso a potentati, consorterie, plutocrazie e autocrazie, sempre all’insegna del business e del do ut des. Perché sì, c’è chi li ha assegnati i Mondiali a Russia e Qatar, e c’è chi poi di queste assegnazioni si è politicamente giovato, compiacente e compiaciuto, mostrando un notevole pelo sullo stomaco.

La FIFA di Infantino


Gianni Infantino, naturalmente: quando il comitato etico della FIFA, ai tempi, prima sospese Blatter e Platini – che oggi sono accomunati nel destino, ma allora vivevano uno scontro dovuto alle mire di entrambi, dopo la corsa dello svizzero per farsi eleggere al quinto mandato – per novanta giorni, quindi li squalificò per otto anni (che il TAS avrebbe poi ridotto a quattro, ma non cancellando le accuse), di fatto fermando la scalata che molto probabilmente avrebbe portato l’ex calciatore francese al vertice del calcio mondiale, Platini, all’epoca, era presidente dell’UEFA: a lui si devono la prima introduzione del fair play finanziario, la rimodulazione dei criteri di accesso alla Champions League (nel suo mandato vennero aumentati i posti ai gironi per alcuni club vincitori di campionati nazionali che avevano perso importanza) e l’idea dell’Europeo diffuso – e più sostenibile per gli organizzatori – come quello del 2020, poi posticipato di un anno a causa della pandemia, e chi era, allora, il segretario generale dell’UEFA? Proprio Infantino, che si giovò della squalifica del suo ex capo per arrivare al soglio della FIFA, come candidato espresso proprio dall’UEFA.

E la UEFA? a Ceferin


La governa da allora. E, da allora, a governare la confederazione calcistica europea è Aleksander Ceferin, già presidente della federcalcio slovena e, ai tempi dell’elezione, membro del comitato legale UEFA. Nel corso degli anni, tanto per l’uno quanto per l’altro, non sono mancate le inchieste giornalistiche che hanno mostrato diversi aspetti più che discutibili riferibili alle loro carriere e a quelle di alcuni dei loro scherani, nonché connessioni politiche, diciamo così, poco opportune. Ecco, si parlava di comitati etici, o meglio: Commissione etica per la FIFA, Commissione disciplinare, etica e di controllo per l’UEFA.

Entrambe sono composte da membri eletti dai controllati, e già questo qualcosa significa: il primo dal congresso, il secondo dal comitato esecutivo, ma nessuno di questi ha mai messo in dubbio né indagato tanto l’operato quanto il pregresso (e, per Ceferin, un’inchiesta slovena, mai smentita, ha svelato che non avesse neppure, ai tempi, i requisiti formali per candidarsi: avrebbe falsificato il curriculum alla bisogna; e non è nemmeno la peggiore delle accuse a lui rivolte dalla stampa slovena) dei due imperatori del calcio attuale, passati indenni – e rafforzatisi – in questi anni anche in mezzo a tempeste non banali. E, infatti, oltre alle opere, sono le omissioni a raccontare le lotte di potere e, soprattutto, chi le ha vinte, nonostante sia difficile sostenere che il sistema calcio sia migliorato rispetto all’occaso dell’era Blatter-Platini.

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